L’immigrazione non è più (solo) una risorsa, i governi cambiano approccio con Trump

I paradigmi sull'immigrazione stanno cambiando in fretta. Da risorsa a visione meno fatata di un fenomeno con tanti effetti collaterali.
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2 ore fa
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Immigrazione, cambio di prospettiva tra i governi
Immigrazione, cambio di prospettiva tra i governi © Licenza Creative Commons

Nel suo primo discorso da presidente degli Stati Uniti subito dopo il giuramento, Donald Trump stasera (ore italiane) dovrebbe dedicare un passaggio all’immigrazione. Da domani inizieranno le “deportazioni di massa” dei clandestini per suo volere, come promesso in campagna elettorale. La linea dura contro coloro che hanno fatto ingresso illegalmente nel Paese non è più un’esclusiva americana. I principali partiti svedesi di maggioranza e opposizione stanno rivedendo la Costituzione per ritirare la cittadinanza agli stranieri che l’hanno ottenuta e si rendano responsabili di gravi crimini contro lo stato.

Servirà l’approvazione del Riksdag attuale e di quello successivo alle prossime elezioni per rendere la riforma una legge costituzionale a tutti gli effetti.

Ripensamento sull’immigrazione

Una proposta simile la stanno discutendo i partiti in Germania e in piena campagna elettorale. Pressati dall’avanzata dell’AfD, persino i socialdemocratici del cancelliere Olaf Scholz si sono detti favorevoli a ritirare la cittadinanza agli stranieri criminali. Già da mesi, comunque, Berlino ha chiuso le frontiere ai nuovi arrivi. Nel Regno Unito laburista il premier Keir Starmer vuole scrollarsi di dosso l’immagine di leader lassista sul fenomeno dell’immigrazione. Una delle sue prime visite all’estero è stata proprio in Italia per incontrare la premier Giorgia Meloni e studiare il “modello Albania”.

Anche in Francia la musica è cambiata. Marine Le Pen non è (ancora) al governo o alla presidenza, ma Eliseo e Palazzo Matignon stanno inasprendo i controlli per arginare il fenomeno dell’immigrazione fuori controllo. Il paradigma dei decenni passato, per cui gli immigrati sarebbero una risorsa necessaria per pagarci le pensioni e svolgere i lavori che non vogliamo fare, ha fatto il suo tempo. Si è rivelato fallace da più punti di vista. In primis, è vero che il declino demografico dell’Occidente comporti l’esigenza di aumentare nell’immediato della forza lavoro per evitare un tracollo delle entrate contributive.

Tuttavia, questo si è dimostrato essere un espediente di breve durata, dato che gli stessi immigrati tendono a registrare tassi di fertilità in linea con quelli del Paese ospitante.

Fenomeno dal doppio volto

A meno di immaginare di importare un numero crescente di immigrati, il problema nel lungo periodo non si risolve. E c’è molto di più. L’immigrazione rappresenta certamente un’opportunità per far crescere il Pil nel breve periodo. Nuove braccia aumentano l’occupazione in quei settori in cui la popolazione ospitante non intende lavorare. Si pensi all’agricoltura, alle mansioni operaie più faticose e ai servizi dedicati alle cure di anziani. Ma non ci sono solo aspetti positivi. In primis, l’aumento della concorrenza diretta crea pressioni ribassiste sui salari e frustra le aspettative dei lavoratori meno qualificati. I sostenitori dell’immigrazione illimitata sono percepiti e accusati esplicitamente da gran parte dei cittadini-elettori di avere favorito gli interessi dei grandi gruppi industriali, che hanno beneficiato di manodopera a basso costo.

Aumento dei costi sociali

Secondariamente, l’immigrazione porta alla necessaria crescita delle spese per l’assistenza sociale. I nuovi arrivi hanno redditi medio-bassi e, pertanto, risultano bisognosi di sussidi e servizi erogati dallo stato. Ciò accresce la spesa pubblica e tiene alta la tassazione a carico della porzione dei contribuenti con redditi medio-alti. Ne conseguono tasse elevate per alcuni e una sorta di guerra tra poveri per accaparrarsi l’accesso ai servizi gratuiti o semi-gratuiti.

Infine, il problema rilevante della sicurezza, che si riscontra in tutte le grandi realtà urbane occidentali. Immigrazione non è sinonimo di criminalità, ma non bisogna neanche chiudere gli occhi dinnanzi ai problemi che comporta quando si spalancano le frontiere a orde di persone senza una identità certa e una previa selezione ad opera delle istituzioni. Ritenere che i clandestini possano contribuire positivamente all’economia, magari arrivati via mare come in Italia, è una grande illusione figlia di un’ipocrisia buonista senza alcun fondamento.

Cambio di approccio veloce ovunque

Fatto sta che sul tema dell’immigrazione in brevissimo tempo la musica è cambiata. L’Italia di Meloni sembrò destinata all’isolamento all’atto della nascita dell’attuale governo non più tardi di 27 mesi fa. Invece, è accaduto che le posizioni degli altri governi e della stessa Unione Europea siano mutate, avvicinandosi a quelle di Roma. E ora c’è Trump. Ma ad essere cambiata è stata persino la percezione che del fenomeno si ha a sinistra dell’arena politica. Fatta eccezione per quella italiana, che sul tema ha plasmato la sua identità, all’estero i gruppi progressisti hanno accettato ormai l’idea che l’accoglienza non possa essere indiscriminata e che l’immigrazione non sia solo un’opportunità, bensì un costo e una minaccia per le fasce più deboli della popolazione.

Uno dei governi più duri sull’immigrazione in Europa è quello di sinistra della premier Mette Frederiksen. A Berlino si passerà dalle parole ai fatti dopo le elezioni di febbraio. La congiuntura politica internazionale è tutta favorevole a un cambio di approccio. Le frontiere aperte non sono sostenibili né politicamente, né sul piano sociale. L’utopia di poter accogliere tutti per senso di colpa e spirito terzomondista non ha retto alla realtà. Non ci saranno ammissioni esplicite di responsabilità, ma le parole d’ordine non sono più quelle di soltanto un paio di anni fa. In Canada è finita persino l’era di Justin Trudeau al governo e l’apertura indiscriminata delle frontiere ha giocato un ruolo determinante nella sua recente caduta. A Bruxelles, così come a Washington, Ottawa e Londra l’aria è cambiata.

Immigrazione travolge sinistra in Occidente

Si è chiusa una lunga era in cui la sinistra ha pensato di ribaltare a proprio vantaggio la globalizzazione, contro cui aveva combattuto fino agli inizi del Duemila.

Non potendo vincere la guerra, le forze progressiste avevano ripiegato sull’apertura delle frontiere illimitata per non soccombere del tutto sul piano ideologico. E così, i no-global degli esordi si erano trasformati nei principali sostenitori della globalizzazione, intesa come libertà assoluta di mobilità per miliardi di persone. L’idea di essere “cittadini del mondo”, di abbattere i confini nazionali e di rinnegare le peculiarità storiche e culturali degli stati sembrò diventare realtà per coloro che avevano fatto fede di internazionalismo ben prima che si parlasse di mondo globalizzato. Questa era è finita, sepolta dal tracollo elettorale delle sinistre in tutto l’Occidente e quasi sempre, se non sempre, per il rigetto dei ceti più popolari dell’immigrazione incontrollata.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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1 Comment

  1. Finalmente dopo qualche decennio si sta avvicinando tumultuosamente la resa dei conti anche per i politicanti del circo Barnum in UE. Costoro godendo di importanti sostegni economici certi e relative prebende con le loro visioni ideologiche hanno finora sicuramente peggiorato l’esistenza di svariate categorie di cittadini comunitari. Le chiedo altresì Professore, Lei ovviamente luminare super partes, il famigerato scandalo corruttivo denominato “Qatargate” ha avuto, come si dovrebbe, un epilogo giustizialista ? ? ?
    La ringrazio anticipatamente della Sua sempre profonda opinione.

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