Un’estate del tutto differente da quella che ci s’immaginava sui mercati obbligazionari. Di certezze in politica monetaria non ce ne sono tante in questa fase. L’inflazione resta elevata in Europa e più che negli Stati Uniti e in Giappone. L’aumento dei tassi di interesse non sembra finito, ma a settembre è probabile una pausa per verificare gli effetti della stretta monetaria sin qui adottata nell’Eurozona. Il costo di emissione del debito pubblico è letteralmente esploso presso le principali economie mondiali.
Se vi starete chiedendo perché, alcuni dati vi aiuteranno a comprendere. Ogni mese la Banca d’Italia pubblica il cosiddetto Rendistato, cioè il rendimento medio lordo ponderato dei titoli di stato in circolazione sul mercato secondario. Facendo la media dell’intero 2021, scopriamo che i nostri titoli di stato offrirono quell’anno lo 0,415%. L’anno seguente, il dato saliva già al 2,45%. E nei primi sette mesi di quest’anno, è salito ancora al 3,83%. E vediamo adesso l’andamento del BTp a 7 anni: era in media allo 0,37% nel 2021, salvo impennarsi al 2,68% nel 2022 e al 3,91% al luglio di quest’anno.
BTp 7 anni capta costo medio debito pubblico
Notate qualcosa? Il Rendistato riflette molto da vicino l’andamento del BTp a 7 anni. Non è una casualità. Il debito pubblico italiano emesso in forma di titoli di stato aveva una durata media residua di 6,93 anni al 31 luglio scorso. Questo significa che il rendimento settennale tende a replicare il rendimento medio ponderato dei bond in circolazione. Ecco perché, se si vuole avere un’idea approssimativa e in tempo reale delle variazioni dei costi del debito, si guarda proprio al BTp a 7 anni.
Chiaramente, se in futuro la durata media dei bond si accorciasse o (auspicabilmente) si allungasse, non sarebbe più il BTp a 7 anni a rifletterne l’andamento, ma la scadenza coincidente con tale nuova durata media. Nelle ultime settimane stiamo assistendo ad una curva dei rendimenti poco più ripida. Il BTp a 2 anni in un mese è sceso dal 3,95% al 3,62%, mentre il BTp a 10 anni è passato dal 4,36% al 4,15%. Lo spread 10/2 anni sale così da circa 40 a 50-55 punti base. E’ un piccolo segnale circa la possibile fine prossima della stretta sui tassi.