Pugno duro contro gli affitti in nero: lotta non solo ai contratti non registrati ma anche a quelli depositati con importo del canone di locazione più basso per pagare meno tasse. Si tratta di una pratica molto diffusa tra i proprietari di casa: si registra il contratto, onde evitare multe e denunce, ma si riduce l’importo del canone di locazione sul quale vengono calcolate le imposte. All’inquilino quindi, oltre al canone registrato versato tramite bonifico, sarà richiesto il pagamento di una somma extra in nero.
Attenzione però ai furbetti del canone di affitto perché le Sezioni unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n.18213 (pubblicata il 17 settembre scorso), hanno stabilito che queste pattuizioni sono nulle e che l’inquilino ha il diritto a richiedere tutte le somme extra versate in nero.
Contratti di affitto: gli elementi che non possono mancare In queste ipotesi di “doppio contratto”, i giudici supremi hanno considerato pienamente valido il contratto registrato, con il canone di locazione fittizio e invece nullo, e di conseguenza improduttivo di effetti il secondo, nella parte in cui esso prevede un canone annuo maggiore rispetto al primo. A nulla rileva l’eventuale successiva registrazione. La nullità si basa sulla illegittima sostituzione di un canone con un altro, mediante la previsione nel secondo contratto di una clausola chiaramente contraria al divieto imposto al locatore dall’articolo 13 della legge 431/98, ovvero quello di pretendere un maggiore importo sottratto all’imposizione fiscale.
Canone affitto: come richiedere le somme in nero?
In che modo il conduttore può pretendere la restituzione delle somme versate e non previste nel contratto di locazione? La legge prevede che la richiesta possa essere esperita in qualsiasi momento fino a che il rapporto di locazione è in essere o entro sei mesi successivi all’effettivo rilascio dell’immobile locato (Corte di cassazione, sentenza 7 febbraio 2014, n. 2829).
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