I buoni fruttiferi postali (Bfp) hanno a lungo rappresentato una scelta di investimento amata dagli italiani, affiancandosi ai libretti postali di risparmio come forma tradizionale di preservazione del capitale. Gli interessi, però, rispetto al passato nel corso degli anni si sono pian piano assottigliati per cui gli italiani hanno cercato altri prodotti a cui affidarsi. Negli ultimi tempi, poi, grazie all’aggiornamento al rialzo dei rendimenti, sono tornati a essere una delle loro scelte preferite grazie alla sicurezza. Come tutti sapranno, infatti, tali strumenti sono garantiti dallo Stato Italiano, emessi da Cassa Depositi e Prestiti e collocati sul mercato da Poste Italiane.
Periodicità rendicontazione
Come molti immagineranno, i buoni fruttiferi postali così come altri strumenti finanziari, sono soggetti a prelievi erariali alla fonte, in particolare attraverso l’imposta di bollo. Per i titoli emessi in forma cartacea prima del 1° gennaio 2009, essa è calcolata sul valore nominale del singolo buono. Dal 2012 è applica nelle misura dello 0,10%, l’anno successivo dello 0,15% fino ad arrivare allo 0,20% dal 2014.
Essa, più nel dettaglio. si applica al valore nominale del singolo titolo per ogni 31 dicembre in cui il buono è in essere e si paga all’atto del rimborso.
Ricordiamo che i titoli cartacei emessi prima del 1° gennaio 2009 non venivano cumulati con altri prodotti finanziari eventualmente detenuti. Significa che non c’era il cumulo tra buoni in portafoglio a differenza di ora.
A partire dal 1° gennaio 2009, infatti, i depositi titoli, quelli vincolati e i fondi comuni di investimento sono cumulati. Se si superano i 5000 euro complessivi allora si paga l’imposta di bollo altrimenti no.
Per capire, invece, come calcolare il valore dei buoni fruttiferi postali ci si può collegare alla pagina di CDP o di Poste Italiane in quanto è presente una sezione ad hoc.
La soglia e l’accumulo
Come spiegato, esiste una soglia critica che determina l’obbligo di versare l‘imposta di bollo. Se il controvalore complessivo dei Bfp detenuti supera i 5.000 euro, infatti, l’investitore è tenuto al pagamento. Tale soglia, ripetiamo, tiene conto del cumulo dei Bfp intestati alla stessa persona. Ecco un esempio: se un investitore possiede due Bfp del valore di 4.000 euro ciascuno, la somma supera i 5.000 euro. Che succede quindi? Ebbene, c’è ll’obbligo di versare l’imposta di bollo. La registrazione incrociata dei codici fiscali da parte di Poste Italiane è cruciale per garantire la corretta applicazione dell’imposta. Ciò, infatti, assicura che i diversi Bfp intestati alla stessa persona siano sommati.
Ecco un esempio: un risparmiatore detiene 3 buoni fruttiferi postali da 3000 euro ciascuno per un totale di 9000 euro. Tale cifra supera i 5000 euro (soglia di esenzione) per cui l’imposta di bollo va pagata. Come si legge sui sito di CDP ” l’imposta proporzionale si applica al valore nominale del singolo BFP per ogni “31 dicembre” in cui il BFP, a partire dal 2012, risulti in essere. L’imposta è dovuta nella misura minima di 2,00 Euro per singolo BFP”. Quindi si pagheranno 6 euro di imposta di bollo.
La comprensione delle regole fiscali che gravano sui buoni fruttiferi postali è fondamentale per gli investitori, poiché consente di ottimizzare al meglio la gestione del portafoglio, minimizzando gli oneri fiscali associati a questa forma di investimento tradizionale.