Fummo facili profeti quando prevedemmo che i governi avrebbero ingaggiato una caccia alle streghe per raccogliere qualche spicciolo in più con cui finanziare i loro bilanci sempre più ipertrofici. E i fatti ci danno ragione. Partiamo niente di meno che dalla Svizzera, patria dell’efficienza e dei “paperoni”. Gioventù socialista ha raccolto le 130 mila firme necessarie con cui indire un referendum sulla proposta di aumentare l’imposta di successione sui patrimoni sopra i 50 milioni di franchi (53,5 milioni di euro).
Imposta di successione per finanziare transizione energetica
Secondo l’organizzazione giovanile della sinistra, dimezzare i lasciti ereditari per patrimoni sopra tale soglia porterebbe a maggiori introiti fiscali per 6 miliardi all’anno.
L’imposta di successione al 50% spaventa, com’è ovvio, i paperoni residenti in Svizzera e non necessariamente con cittadinanza elvetica. Decine di loro arrivano negli ultimi anni dalla Norvegia, stato in cui il governo laburista ha deciso di stangare i cittadini più facoltosi, redditi compresi. Poiché gli svizzeri non votano a capocchia, è molto probabile che il quesito referendario non otterrà la maggioranza. Nel 2015, una proposta sempre della sinistra di introdurre un’imposta di successione confederale fu bocciata con il 71% dei voti.
Raddoppiata imposta sui redditi stranieri
Per l’Italia si tratterebbe di una grossa opportunità per attirare paperoni dalla vicina Svizzera. Da noi esiste sin dal 2017 l’imposta fissa di 100.000 euro sui redditi dichiarati da cittadini stranieri e non realizzati nel territorio nazionale. In molti la definiscono erroneamente una “flat tax”. Ed ecco spuntare una novità. Il governo di Giorgia Meloni ha appena raddoppiato l’entità dell’imposta a 200.000 euro.
Da molto tempo in Italia si parla di aumentare l’imposta di successione, agendo sulle franchigie a favore dei familiari più stretti. Esse riducono all’osso il numero delle persone sottoposto a tassazione nel caso di trasferimenti di patrimonio (donazioni e lasciti ereditari post-mortem). Negli Stati Uniti, l’amministrazione Biden propone di far pagare ai contribuenti con patrimoni di almeno 100 milioni di dollari un’aliquota minima sui redditi del 25%. L’EU Tax Observatory propone, invece, un’aliquota del 2% all’anno sui patrimoni di almeno 1 miliardo di euro.
Sempre più sussidi e deficit
Servono soldi, è vero. E sappiamo che la globalizzazione ha reso più semplice lo spostamento dei capitali nei cosiddetti “paradisi fiscali”, in cui le tasse che si versano sono poche o inesistenti. Ma le entrate degli stati non sono affatto in calo, anzi tendono a crescere di anno in anno. Semplicemente, la lista della spesa non finisce mai. Con la pandemia i governi ne hanno approfittato per dilatare i propri compiti, arrivando a sostentare milioni di famiglie. Tutto in deficit. Inventarsi sempre nuovi sussidi è facile, ritirarli diventa complicato. Risultato: persino stati fiscalmente prudenti come la Germania vanno a caccia di risorse con cui continuare a finanziare famiglie e imprese.
L’imposta di successione diventa un facile bersaglio da additare all’opinione pubblica. Non è giusto che la ricchezza si trasferisca dai padri ai figli, bisogna meritarsela. E chi meglio dello stato può prelevarla per redistribuirla secondo il suoi desideri? Anche l’imposta sostitutiva sui redditi degli stranieri è facilmente aggredibile.
Imposta di successione nel mirino di governi famelici
In conclusione, la caccia al ricco è l’ultimo stadio di governi con le mani sempre più bucate. Spremere chi ha di più è politicamente sostenibile, dato che in democrazia i voti hanno tutti lo stesso peso. Perseguire una minoranza facoltosa, anche estremamente ridotta, porta vantaggi immediati. Alla lunga, invece, crea un clima contrario al business, all’iniziativa privata e disincentiva alla creazione di ricchezza. L’imposta di successione è la foglia di fico dietro cui i governi spendaccioni si nascondono per giustificare la loro avidità. La caccia ai paperoni è scattata in tutto l’Occidente. Anni di spendi e spandi li dovrà pur pagare qualcuno. E i debiti ammassati gli uni sopra gli altri sono diventati ingestibili. Meglio piangere miseria per giustificare la stangata.