L’applicazione dell’IMU agli immobili commerciali della Chiesa sembrava una rivoluzione copernicana del settore fiscale ma presto alcune precisazioni sono intervenute a sminuirne la portata.
La prima grande esenzione riguarda le scuole paritarie. Si riapre così il dibattito su scuola pubblica e privata e sui privilegi di quest’ultima.
La Cei ha ribadito infatti che le scuole paritarie, come suggerisce il nome, prestano un servizio e non vanno certamente considerate come attività commerciali.
Esse infatti giocano un ruolo importante nel sistema nazionale di istruzione, in osservanza della legge n.
Facciamo un esempio pratico: se apro una sala cinema e proietto film d’autore sto di fatto “vendendo cultura” così come anche se gestisco una libreria di grandi classici. Ma è innegabile che da ogni biglietto o libro venduto traggo profitto.
Ma non è solo la funzionalità di ente educatore a giustificare l’esenzione: il punto è che questi istituti formalmente non hanno profitti economici.
Lo stesso Mario Monti, nella presentazione della riforma, ha illustrato quali siano i tre parametri per individuare se un’attività presenti un valore commerciale oppure no: lo svolgimento nelle scuole private di un’attività effettivamente «paritaria» rispetto a quella statale e quindi offerente un servizio del tutto «assimilabile a quello pubblico» per quanto concerne i programmi di studio, l’accessibilità a studenti invalidi e il trattamento contrattuale dei docenti; parità di accesso per tutti i cittadini e organizzazione del bilancio con distribuzione di eventuali extra all’attività scolastica.
Nella stessa occasione Pier Ferdinando Casini (leader dell’Udc) si era affrettato a precisare che le scuole paritarie offrono un servizio alla comunità e quindi vanno agevolate e non ostacolate con assurde pretese fiscali.
Tutti, maggioranza e opposizione, sembrano soddisfatti dalla spiegazione del Presidente del Consiglio. Ma a guardare bene c’è una motivazione, più forte della personale religiosità o ateismo, che può giustificare questa esenzione: la chiusura di tutte le scuole paritarie attualmente attive costerebbe allo Stato circa 5 miliardi di euro.
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