La legge impone per i coniugi il diritto di coabitazione. Esistono però delle eccezioni previste dalla normativa in materia: oltre al caso di separazione di diritto o divorzio, i coniugi possono avere residenze diverse per motivi contingenti che li costringono a vivere in due luoghi distinti. Si parla a tal proposito di separazione di fatto: una delle cause esimienti è il lavoro.
Per legge quindi non è del tutto esclusa la possibilità di due coniugi che sono proprietari di due immobili distinti, nei quali hanno anche la residenza.
Questa è la situazione di diritto ma di fatto i Comuni hanno spesso interpretato in maniera più elastica il dettame normativo conferendo l’esenzione ad entrambi gli immobili. La recente sentenza della Cassazione, complici anche le ristrettezze economiche che impongono un risanamento delle casse comunali, ha segnato una svolta interpretativa.
Due coniugi, non separati legalmente, possono avere un solo immobile adibito a prima casa, anche se per ragioni di lavoro o altro hanno residenze separate. Il chiarimento ha valenza retroattiva: gli Uffici dei Tributi del Comune possono richiedere gli arretrati non versati negli ultimi cinque anni.
La situazione si complica se, come spesso accade, i due immobili siano accatastati in comuni diversi (il che è del resto intuitivamente più logico nel caso di trasferimenti di lavoro): è chiaro infatti che ognuno dei comuni coinvolti farà valere le proprie ragioni per ottenere il gettito fiscale.
Per contrastare il fenomeno delle separazioni fittizie, create ad hoc per eludere gli obblighi fiscali, sono stati avviati accertamenti volti a quantificare caso per caso le proprietà tassabili e le rispettive quote.