In Argentina finisce una lunga era tra povertà e inflazione alle stelle

Le elezioni di metà mandato hanno fatto perdere ai peronisti la maggioranza al Congresso dopo quasi 40 anni. Il paese affonda nella povertà.
3 anni fa
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Povertà e inflazione cacciano i peronisti all'opposizione

I segnali c’erano stati tutti con le elezioni primarie di agosto e sono stati confermati dai risultati di domenica scorsa, i quali hanno esitato la vittoria del centro-destra e mandato per la prima volta in quasi 40 anni la coalizione di centro-sinistra all’opposizione al Congresso. I peronisti del presidente Alberto Fernandez perdono la maggioranza alla Camera. E’ stata la povertà dilagante ad avere convinto gli argentini a cambiare cavallo. In ballo c’erano 127 seggi alla Camera (la metà) e 24 al Senato (un terzo).

I peronisti hanno perso anche nella provincia di Buenos Aires, dove risiede circa il 40% dell’intera popolazione dell’Argentina.

Commentando i risultati, il presidente ha promesso la presentazione di un nuovo piano economico al Congresso, ammettendo di avere commesso alcuni errori. L’inflazione è rimasta altissima durante i primi due anni della sua presidenza, attestandosi al 52% in ottobre. E circa il 40% della popolazione vive in condizioni di povertà. Malgrado i controlli sui movimenti dei capitali, il cambio ha perso il 40% da quando Fernandez ha vinto le elezioni presidenziali di fine 2018. Servono ormai più di 100 pesos per acquistare un dollaro, anche se al mercato nero si arriva a 200.

Crisi del debito e povertà

L’Argentina ha ristrutturato il suo debito solamente nel 2020 per circa 65 miliardi di dollari. Tuttavia, resta tagliata fuori dai mercati finanziari per il mancato accordo con il Fondo Monetario Internazionale (FMI) su 44 miliardi di prestiti ricevuti e che il governo ritiene non possa restituire secondo le condizioni pattuite dalla precedente amministrazione. Sarà interessante verificare quale sarà l’impatto della sconfitta sulle relazioni tra Buenos Aires e FMI. I peronisti sono, in effetti, tutt’altro che coesi al loro interno. L’ex presidenta e attuale numero due dell’amministrazione, Cristina Fernandez de Kirchner, è stata sponsor di Fernandez alle scorse elezioni, ma lo tiene in ostaggio politicamente, spostando fortemente a sinistra l’azione di governo.

Ella resta contraria a un accordo con l’FMI e vorrebbe una politica fiscale ancora più espansiva per fare crescere l’economia.

Il PIL è collassato del 10% nel 2020, a causa della pandemia. Il presidente spiega che risalirà del 9% quest’anno e che nei primi mesi del 2022 tornerà ai livelli pre-Covid. Il punto è che i prezzi al consumo continuano a correre, privando sempre più famiglie del potere d’acquisto strettamente necessario alla sopravvivenza. Dopo i risultati di domenica, una cosa è certa: il presidente Fernandez è un’anatra zoppa, non potendo più confidare sul Congresso per fare passare le sue leggi. Avrà vita dura nella seconda parte del mandato. A questo punto, o troverà una mediazione con l’opposizione o rischia di paralizzare l’azione di governo. Ma come farà con la sua omonima alleata?

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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