Tornano oggi i rappresentanti della Troika (UE, BCE e FMI) in Grecia, dopo essere stati cacciati da Atene oltre 6 mesi fa, in coincidenza con l’arrivo al governo di Syriza, la sinistra radicale, di cui il premier Alexis Tsipras è leader. Come prima, potranno accedere nuovamente e direttamente ai ministeri per ottenere i dati necessari al loro monitoraggio sulle finanze statali e sul grado di implementazione delle riforme. E’ quanto è stato deciso la notte tra il 12 e il 13 luglio, quando Tsipras dovette capitolare in toto alle richieste dei creditori europei.
Ha ottenuto solo che pubblicamente il comitato dei 3 creditori continui ad essere chiamato “Istituzioni”. Il Parlamento di Atene ha approvato la notte tra mercoledì e giovedì le prime 2 riforme invocate dai governi dell’Eurozona, quale presupposto per la riapertura del negoziato. Hanno votato a favore 230 deputati su 300, un sostegno più ampio di quello che il governo Tsipras ha ottenuto la settimana scorsa per il piano di salvataggio offerto dai creditori. Stavolta ha votato a favore anche l’ex ministro delle Finanze, Yanis Varoufakis.
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Esito negoziato non scontato su ristrutturazione debito Grecia
Ma che il negoziato si apra non implica necessariamente che ci sarà un esito positivo. Lo chiarisce anche il deputato conservatore tedesco e presidente della commissione Affari europei, Klaus Brinkhaus, secondo cui Tsipras dovrà adesso dimostrare di attuare le riforme. In pratica, la Germania teme che l’approvazione delle riforme, che lo stesso premier greco definisce sbagliate e che ha semplicemente dovuto digerire per impedire la Grexit, siano solo formalmente approvate, ma non successivamente implementate, rimanendo lettera morta. La Germania sta subendo una pressione ormai quotidiana da parte dell’FMI, che anche ieri con il portavoce Gerry Rice ha auspicato la ristrutturazione del debito pubblico ellenico, senza la quale l’istituto di Washington non potrà partecipare al terzo bailout, in quanto esso non sarebbe considerato sostenibile e, quindi, rimborsabile.
Intervistata da una radio francese, anche il direttore generale Christine Lagarde ha escluso categoricamente che chiederà agli altri 187 membri dell’FMI di imbarcarsi in un nuovo salvataggio della Grecia, se i creditori europei non concederanno una sostanziosa ristrutturazione del debito. La cancelliera Angela Merkel si è detta disponibile, dopo avere verificato il successo della prima fase di realizzazione delle riforme ad Atene, a un alleggerimento, nelle forme di un allungamento delle scadenze e di un taglio degli interessi, ma ha escluso senza esitazione l’
“haircut”, ossia la cancellazione. Peraltro, formalmente anche la Francia si è detta indisponibile a un taglio del debito, anche se la sua posizione resta più morbida di quella dei tedeschi. Altri paesi, come Slovacchia e Finlandia, non lo concederebbero mai.
APPROFONDISCI – Grecia, l’FMI minaccia: niente salvataggio senza un profondo taglio del debito Lo stesso FMI, avendo constatato che l’
“haircut” resta un tabù per i governi europei, che come Tsipras devono rispondere ai rispettivi cittadini, si limita a parlare di
“debt relief”, ossia di ristrutturazione, appunto. Il punto è che si allunga la lista degli analisti privati e indipendenti, che considera insufficiente una semplice ristrutturazione per rendere sostenibile il debito ellenico. Secondo Citigroup, servirebbe un taglio di 110-130 miliardi di euro. Considerando che esso dovrebbe gravare solamente sui crediti vantati dai governi dell’Eurozona, implicherebbe la rinuncia di questi ultimi a riscuotere tra il 70% e l’80% dei prestiti erogati.
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Tensione crescente su taglio debito Grecia
Lo scontro tra FMI e Germania s’intensificherà nelle prossime settimane, a ridosso della scadenza ufficiosa per il negoziato con Atene sugli aiuti, ovvero intorno alla metà di agosto.
A quel punto, infatti, l’istituto dovrà decidere se fare parte o meno della partita e per farlo dovrà avere indicazioni chiare su cosa l’Europa voglia fare con il debito di Atene. I tedeschi cercheranno di rinviare la questione, temendo di rimanere vittime del bluff di Tsipras, che incassato il risultato, potrebbe lanciarsi in una campagna elettorale per il voto anticipato dai toni e programmi anti-austerity e tali da rendere ancora una volta impraticabile l’attuazione delle misure concordate a Bruxelles. L’FMI deve ancora erogare alla Grecia 17 dei 53 miliardi stanziati con i precedenti salvataggi. Servirebbero a coprire il programma di assistenza finanziaria fino alla fine di giugno del prossimo anno. Senza, il terzo pacchetto di aiuti da 86 miliardi, di cui 40-50 a carico dei governi dell’Eurozona, dovrebbe aumentare le sue dimensioni, sfondando i 100 miliardi e rendendo ancora meno digeribile il piano per diversi governi del Nord e del Centro-Est Europa.
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