In Italia l’età della pensione non è quella che sembra. Almeno, per la maggior parte dei lavoratori. In media si lascia il lavoro a 62,9 anni e siamo al di sotto della media Ue.
In effetti, fra pensioni anticipate di vario tipo e deroghe alla riforma Fornero (in pensione a 67 anni), le scappatoie sono tante. Tant’è che – secondo i dati Inps – le uscite anticipate sfiorano i 2.000 euro al mese, il doppio rispetto a quelle di vecchiaia.
In Italia si va in pensione a 62,9 anni di media
Questo significa che fra quota 100, quota 102, opzione donna, Ape Sociale, pensioni di anzianità dei militari, il costo per lo Stato è più alto rispetto alla media Ocse.
Nei Paesi Ocse la stima dell’età media effettiva di pensionamento è pari a 63,8 anni per gli uomini e 62,4 per le donne. Nei Paesi Ue l’età media effettiva di uscita stimata è più bassa, pari a 62,6 anni per gli uomini e 61,9 per le donne.
In Italia si posiziona di circa un anno al di sotto della media Ocse e poco al di sotto della media dei 27 Paesi europei, con l’età media effettiva di pensionamento stimata pari a 62,3 anni per gli uomini e un anno in meno per le donne (61,3 anni).
Le uscite anticipate in Italia e nel resto del mondo
In Italia le pensioni anticipate, a differenza che in altri Paesi, non sono penalizzate. Fatta eccezione per Opzione Donna, Quota 102 e le pensioni di anzianità dei militari a 58 anni non subiscono tagli economici. Negli USA, in Giappone e in Germania, ad esempio, sì.
E il governo italiano sta lavorando a un sistema simile per allineare il modus operandi dei Paesi più sviluppati introducendo un sistema che disincentivi l’accesso anticipato alla pensione. Anche in virtù del fatto che la spesa pensionistica in futuro non sarebbe sostenibile in assenza di interventi.
Da noi, al momento, la penalizzazione è indiretta e limitatamente alla quota sottoposta al calcolo contributivo nel sistema misto. I coefficienti di trasformazione sono tarati, in ordine crescente, all’età di accesso alla pensione.
La riforma delle pensioni allo studio dovrebbe quindi introdurre nel nostro ordinamento una penalizzazione diretta per chi volesse anticipare l’uscita dal lavoro.