Opzione Donna estesa anche agli uomini. Sarebbe questa l’idea del governo Meloni per evitare il ritorno integrale alle regole Fornero nel 2023. O meglio un ampliamento della platea dei beneficiari verso una opzione di pensionamento anticipato che già esiste per le sole lavoratrici.
Strada, peraltro, che ha già riscosso consensi e dato risultati soddisfacenti, sia per lo Stato che per le lavoratrici. In pratica, a fronte di un taglio della rendita, si consente l’uscita anticipata dal lavoro.
Opzione Uomo, una pensione di lusso per pochi
Come noto, Opzione Donna, estensibile anche agli uomini, consisterebbe nell’uscita anticipata dal lavoro a 58 anni di età (59 per gli autonomi) con almeno 35 anni di contributi versati.
Si dice quindi che Opzione Uomo (come Opzione Donna) rappresenti un lusso. Di fatto, i lavoratori che potranno andare in pensione prendendo questa strada devono avere le spalle ben coperte, cioè disporre di altri redditi per poter vivere. A meno che abbiano accumulato contributi tali da potersi garantire comunque una pensione dignitosa.
Il meccanismo di liquidazione della pensione, simile a quello per Opzione Donna, prevede infatti che i lavoratori che scelgono di abbandonare il lavoro a 58-59 anni subiscano un taglio corposo dell’assegno. Equivalente a circa la metà dell’ultima retribuzione percepita. Per un operaio si tratterebbe in definitiva di un assegno da 750-800 euro al mese, per un dirigente di 1.500-1.700 euro al mese. C’è una bella differenza.
Quindi si rischia che si vengano a creare situazioni di privilegio al punto che la legge, pur essendo uguale per tutti, discrimini e permetta a chi ha una situazione economica tranquilla di scegliere liberamente rispetto a chi non la ha. Soprattutto in tema di pensioni.
Il compromesso suggerito dalla CGIL
Fatti questi doversi calcoli, la CGIL suggerisce di affiancare Opzione Uomo a Quota 41, pur introducendo un limite di età anagrafica. Magari 62 anni. In pratica si potrebbero ampliare le opportunità per i lavoratori che hanno più di 40 anni di contributi.
Il meccanismo è simile a quello già previsto per i lavoratori precoci che possono andare in pensione con 41 anni di contributi a patto che abbiano iniziato a lavorare presto. Il requisito fondamentale è infatti quello di avere almeno 12 mesi di contributi versati entro il compimento del 19 esimo anno di età.
In questo modo – dice la CGIL – pur sostenendo una spesa previdenziale maggiore, si riuscirebbe a garantire un ventaglio di opportunità maggiore rispetto a quanto prospettato solo con l’estensione di Opzione Donna anche agli uomini.