In pensione a 60 anni grazie al reddito di cittadinanza

A 60 anni si è anziani per lavorare e quindi ok al reddito di cittadinanza, ma giovani per la pensione. 
2 anni fa
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Sicuramente tra i maggiori problemi che il governo Meloni ha incontrato a stendere la manovra di bilancio ci sono il reddito di cittadinanza e le pensioni. Sono due dei capitoli di intervento più difficili a cui è stato chiamato l’attuale esecutivo. E ci sono differenze sostanziali tra le due materie perché il reddito di cittadinanza fa parte del sistema di assistenza italiano e le pensioni naturalmente fanno parte come ovvio, del sistema previdenziale. L’incastro tra queste due materie e soprattutto in base a quanto fatto dal governo nella legge di Bilancio, apre a delle osservazioni che possono sembrare assurde ma che invece sono assolutamente fondate.
Ed un nostro lettore, quasi sotto forma di sfogo, mette in luce proprio una analisi di tutta la situazione attuale tra previdenza ed assistenza.
“Buonasera, sono un lavoratore che sta incontrando sempre più difficoltà a trovare un lavoro lungo e duraturo, soprattutto negli ultimi periodi. Lavoro nella ristorazione è tra fermate dovute al Covid, crisi economica che ha ridotto gli avventori del ristorante dove lavoro e tutti gli altri problemi di questi ultimi tempi, lavorate è una impresa. Adesso ho sentito che il reddito di cittadinanza dovrebbe chiudere i battenti nel 2024 e che già nel 2023 inizieranno delle limitazioni. Il sussidio arriverà ad essere fruibile soltanto dopo i 60 anni di età. Io non sono favorevole al reddito di cittadinanza ma sono favorevole al lavoro sempre e comunque. Tra l’altro ho fatto 60 anni a settembre. E quindi in teoria potrei anche sfruttare il fatto che per gli over 60 esiste questo sussidio. Utile a venirmi incontro nei periodi di non lavoro. Ma non comprendo come uno Stato possa considerare le persone fino a 59 anni occupabili al lavoro, mentre dopo no se si parla di un sussidio. Mentre 60 anni di età sono nettamente insufficienti per poter andare in pensione quando si parla di previdenza.

Reddito di cittadinanza ok a chi ha 60 anni di età, ma non la pensione

Effettivamente per la piega che sta prendendo l’operato del governo Meloni, la linea relativa al reddito di cittadinanza ormai è chiara. La misura deve essere prima ridotta e poi probabilmente cancellata dal sistema e sostituita da una nuova misura indirizzata a soggetti con determinate caratteristiche. Misure future e nuovo reddito di cittadinanza da gennaio, riguarderanno soprattutto le famiglie con all’interno, minorenni, invalidi o soggetti over 60. Da gennaio il reddito di cittadinanza verrà ridotto drasticamente per gli occupabili, cioè per chi ha una età compresa tra 18 e 59 anni. A 60 anni si è anziani per lavorare e quindi ok al reddito di cittadinanza, ma giovani per la pensione. Questa l’analisi del nostro lettore, niente affatto fuori luogo.

In pensione a 60 anni grazie al reddito di cittadinanza che apre a ipotesi prima non previste

A 60 anni anziani per lavorare e quindi ok al reddito di cittadinanza, ma giovani per la pensione. Il governo in pratica adotta due pesi due misure, o meglio due metri di giudizio nel considerare i contribuenti dal punto di vista previdenziale ed assistenziale. A questo punto, perché non dare la pensione ad un contribuente di 60 anni, anziché dargli un sussidio? Domanda lecita e probabilmente logica. Dare 780 euro al mese di sussidio (per in single con casa in affitto regolarmente registrato) potrebbe essere evitato, passando a una pensione in base ai contributi versati. A maggior ragione se si pensa che un soggetto di 60 anni si trova con sempre minori opportunità di lavoro. Col concreto rischio di gravare per 7 anni (fino a 67 anni e alla pensione di vecchiaia) sullo Stato come assistenzialismo.

In pensione a 60 anni grazie al reddito di cittadinanza

C’è un aspetto che adesso va considerato. Il fatto che per la prima volta c’è la sensazione che 60 anni diventerà una età particolare tra assistenza e previdenza, potrebbe tramutarsi in un vantaggio.
A maggior ragione se si pensa che anche le modifiche alle pensioni della legge di Bilancio, con proroga di Ape sociale e opzione donna, e caro di Quota 103, riguardano lavoratori “fortunati”. Servono carriere piuttosto lunghe per anticipare la quiescenza. Per la quota 103 servono 41 anni di contributi. Per opzione donna 35. Troppi per chi ha, dal punto di vista lavorativo, problemi di continuità lavorativa evidenti. Ma il considerare non più idoneo ad una proficua carriera lavorativa, il soggetto di 60 anni, potrebbe fare una mano le pensioni. A tal punto che si potrebbe ragionare sulla futura riforma, sul trasferire questo lavoratore, dal perimetro dell’assistenzialismo tipico di un sussidio come il reddito di cittadinanza, al perimetro della previdenza. Consentendoli come logica vuole, di accedere alla pensione prima. E dovrebbe essere senza porre limiti sulla contribuzione versata, proprio alla luce del fatto che esistono lavori che non hanno nella continuità il loro fattore principale.

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.

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