La riforma pensioni 2022 sta per essere licenziata dal Parlamento. Come ampiamente anticipato, quota 100 sparisce, mentre sono riproposte Opzione Donna e Ape Sociale.
Le pensioni anticipate, tuttavia, non cessano di esistere per i dipendenti del settore privato. Potranno ancora godere fino al 2023 degli scivoli previsti dai contratti di espansione e dell’isopensione.
In pensione a 62 anni, ma non per tutti
I lavoratori del settore privato potranno quindi ancora andare in pensione con 5 anni di anticipo. Quindi a 62 anni, grazie ai contratti di espansione che il governo ha allargato alle aziende con almeno 50 dipendenti.
In pratica si consente alle grandi aziende di accompagnare verso il pensionamento i lavoratori che abbiano compiuto almeno 62 anni. L’indennità commisurata alla pensione futura è pagata dal datore di lavoro fino ai 67 anni. In pratica, una specie di quota 100 a carico dell’azienda.
I nuovi contratti di espansione, però, benché consentiti fino al 2023, si limitano alle aziende con più di 50 dipendenti. Proprio per una questione di disponibilità finanziarie a sostenere l’esodo dei lavoratori.
Quota 82 per i lavoratori delle Pmi in crisi
Al di sotto di tale soglia, diventa eccessivamente oneroso per le Pmi consentire lo scivolo pensionistico, pur avendo anche le piccole e medie aziende necessità di ricambiare il personale e/o riorganizzare l’impresa.
Così con la legge di bilancio si stanzia un fondo pubblico da 600 milioni di euro per i prossimi tre anni al fine di consentire lo scivolo pensionistico anche solo a chi ha pochi dipendenti in organico. Ma solo per le aziende in crisi.
Lo schema contenuto nella legge di bilancio 2022 prevede l’uscita anticipata fino al 62 anni di età con almeno 20 anni di contributi versati. Una specie di quota 82 quindi, riservata a taluni lavoratori in crisi.
Le modalità di accesso al fondo saranno rese note da apposito decreto ministeriale nella prima parte del 2022.