Il sistema previdenziale è al solito bivio. Ogni anno, prima delle vacanze estive, si rinnova la discussione sulla riforma delle pensioni. Ricomincia così la solita cantilena che per i lavoratori rappresenta una vera e propria litania. Si parla nuovamente di pensioni anticipate e del tanto sospirato e improbabile superamento della legge Fornero. E delle nuove misure da definire entro fine anno, in coincidenza con la legge di Bilancio.
E parlare di litania, dal punto di vista dei lavoratori, non è affatto esagerato, dato che sono molti coloro che attendono novità per poter finalmente lasciare il lavoro, magari all’età di 62 anni, come molti auspicano.
“Buonasera, sono un lavoratore di 61 anni con 40 anni di contributi. Volevo sapere se secondo voi nel 2025 sarà ancora possibile andare in pensione con la quota 103, perché, considerando la mia età e i contributi versati, questa sarebbe la soluzione ideale per me. Grazie mille.”
“Vorrei capire se ci sono speranze di poter accedere nel 2025 a una pensione a partire dai 62 anni. Sono nato nel 1963 e compirò 62 anni l’anno prossimo. Tuttavia, non sono interessato a misure come la quota 103, dato che ho solo 25 anni di contributi. Sono più interessato alle misure promesse dai sindacati, che parlano da tempo di garanzia giovani e pensioni flessibili.”
In pensione a 62 anni di età nel 2025 ma con quali requisiti? Sorprese in arrivo
Oggi è già possibile andare in pensione a 62 anni, ma solo attraverso una misura con caratteristiche particolari, nota come quota 103. Questa permette il pensionamento di un lavoratore a partire dai 62 anni di età, a condizione che l’interessato abbia maturato almeno 41 anni di contributi, di cui 35 effettivi da lavoro.
Inoltre, la prestazione prevede che il lavoratore accetti un ricalcolo contributivo della pensione, il che significa accettare un assegno più basso rispetto a quello che avrebbe ottenuto con il calcolo ordinario della prestazione (misto, cioè retributivo e contributivo).
La pensione liquidata poi non può eccedere le 4 volte il trattamento minimo INPS e, inoltre, chi opta per questa misura, oltre a percepire una pensione ridotta, non può incrementarla con attività lavorative, ad eccezione di quelle autonome occasionali fino a un massimo di 5.000 euro di reddito annuo.
La quota 103 a 62 anni, ma parliamo di una misura molto penalizzante
La quota 103, con tutti i limiti già citati, non rappresenta certamente il sogno della maggior parte dei lavoratori, data la rigidità nel calcolo della pensione e il requisito di ben 41 anni di contributi.
Tuttavia, c’è chi, come il nostro primo lettore, spera che nel 2025 questa misura venga confermata. Nonostante sia penalizzante, rappresenta un’alternativa sia ai requisiti ordinari sia a quelle categorie escluse dalla quota 41, che, nonostante una lunga carriera contributiva, rischiano di dover lavorare ancora per anni prima di poter andare in pensione.
Tra le varie ipotesi per il 2025, si discute principalmente della proroga della quota 103. Una soluzione tampone del governo per guadagnare tempo in attesa di una riforma delle pensioni promessa entro la fine della legislatura nel 2027.
Se dovessimo scommettere su una novità nel 2025 in materia previdenziale, punteremmo sulla conferma di quota 103. Anche se si parla anche di una nuova quota 104 che innalzerebbe l’età a 63 anni.
A 62 anni tutti in pensione, tra sogni e realtà, tra penalizzazioni e calcolo contributivo
Il secondo quesito dimostra quanto sia difficile raggiungere una carriera elevata come quella necessaria per la quota 103. Molti contribuenti hanno solo 20, 25 o 30 anni di contributi e sarebbero interessati alla misura flessibile proposta dai sindacati. Questa consentirebbe ai lavoratori, anche con carriere contributive più brevi, di accedere alla pensione anticipata a proprio piacimento.
Nonostante i sindacati chiedano misure senza tagli o penalizzazioni, probabilmente anche una versione con ricalcolo contributivo della prestazione sarebbe accettata. Dato che, avendo versato meno contributi, il calo dell’assegno sarebbe meno significativo. Soprattutto per chi non avrebbe diritto al calcolo retributivo completo come spetta a chi aveva già 18 o più anni di contributi al 31 dicembre 1995.