In pensione a 62 anni con 20 anni di contributi, questa la proposta dei sindacati. E se fosse questa la soluzione per mettere d’accordo tutti e iniziare a riformare le pensioni, seppure parzialmente? Da quando si è insediato il nuovo Governo, il tema della riforma delle pensioni è salito ancora di più alla ribalta, il Governo Draghi aveva iniziato il colloquio con i sindacati ma poi, dopo la crisi che ha portato allo scioglimento dell’esecutivo, era tornato tutto in alto mare.
Ora, c’è la possibilità di rimettere mano alle pensioni, fermo restando che non si potrà fare il passo più lungo della gamba.
Quota 102, quota 41, Opzione donna. Le discussioni a oggi
Nelle ultime settimane, circolano tante voci su come il Governo Meloni possa anticipare, la c.d. riforma delle pensioni già nella prossima legge di bilancio. Legge di bilancio che dovrà essere approvata entro il 31 dicembre 2022.
Le ipotesi allo studio del Governo sono diverse: si va da una nuova quota 41, passando anche della proroga di quota 102 e di “Opzione donna”. Inoltre, in senso diametralmente opposto, si valuta anche la possibilità di introdurre un bonus in busta paga per chi decide di rinviare la pensione.
Ad esempio, con la nuova quota 41, il Governo vorrebbe intervenire sui requisiti di accesso richiesti per l’attuale quota 102(requisito anagrafico pari almeno a 64 anni e un’anzianità contributiva minima di 38 anni). In particolare, l’intento del Governo è quello di abbassare l’età anagrafica e alzare invece il monte contributivo a 41 anni. Nel complesso, si dovrebbe arrivare ad un’anzianità contributiva di 41 anni e un requisiti anagrafico di 61/62 anni.
Quota 41 potrebbe essere la colonna portante della riforma delle pensioni.
In pensione a 62 anni con 20 anni di contributi. La proposta dei sindacati
E’ chiaro che in base a quanto detto finora, soprattutto con quota 41, rimarrebbero in tanti fuori dalla possibilità di andare in pensione in via anticipata. Anche coloro che possono vantare un’anzianità contributiva fino a 30 anni.
Da qui, i sindacati pensano che il giusto compromesso sia quello di consentire l’uscita flessibile dal mondo del lavoro a 62 anni con un minimo contributivo pari a 20 anni, lo stesso di quello previsto per le pensioni di vecchiaia ordinarie. Tale possibilità potrebbe essere praticata anche prevedendo un taglio percentuale sull’assegno pensionistico rapportato agli anni di anticipo con i quali si va in pensione rispetto al requisito contributivo di 20 anni richiesto per la pensione di vecchiaia. L’obiettivo è quello di garantire la pensione con uscita da 62 anni in avanti.