In pensione a 62 anni nel 2025: vantaggi, svantaggi e perché per qualcuno meglio rinviare

In pensione a 62 anni nel 2025 con la quota 103 ma il paragone con le pensioni anticipate ordinarie non regge, ecco vantaggi e svantaggi.
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2 settimane fa
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In pensione a 62 anni?

Andare in pensione a 62 anni di età nel 2025 sarà ancora possibile, ma non per questo sarà tutto favorevole per i lavoratori. Infatti, per come è stata affrontata la conferma della quota 103 nella legge di Bilancio su cui il governo sta ultimando i ritocchi prima dell’approvazione, la misura sarà piuttosto penalizzante. Naturalmente, per chi sceglierà di andarci nel 2025, i vantaggi in termini anagrafici sono notevoli. Ma altrettanto notevoli sono le penalizzazioni. E, come vedremo, queste penalità potrebbero spingere molti di questi potenziali beneficiari della misura a rimandare l’uscita e posticiparla al 2027.

“Buonasera, colgo l’occasione per farvi i complimenti per le vostre guide e i vostri approfondimenti. Vi leggo da tempo e continuerò a farlo. Oggi però vorrei chiedere al vostro esperto se, secondo lui, ho ragione io a pensare di rimandare la pensione. Infatti, compio 62 anni di età a maggio 2025 e, avendo 41 anni di contributi probabilmente ad aprile, conto di poter rientrare nella quota 103. Ma secondo voi farei meglio a proseguire a lavorare, visto che sono uno di quelli che subiranno maggiormente il taglio della pensione per il ricalcolo contributivo, avendo 19 anni di contributi versati già al 31 dicembre 1995? In base a quello che avete spiegato voi stessi in alcuni vostri articoli, effettivamente il calcolo contributivo mi penalizza, giusto? Per soli 22 mesi di anticipo non sarebbe meglio che rimanga in servizio?”

In pensione a 62 anni nel 2025: vantaggi, svantaggi e perché per qualcuno meglio rinviare

Il governo ha deciso di confermare la quota 103 anche per il 2025. In effetti, la misura sarà ancora attiva l’anno venturo e sarà sulla falsariga di come ha funzionato quest’anno. Quindi con gli stessi requisiti di uscita ma anche con gli stessi svantaggi, che non sono pochi.

Nel 2025, con la quota 103, bisognerà raggiungere almeno 62 anni di età e aver completato almeno 41 anni di contributi versati.

La misura consente quindi di anticipare l’uscita di ben 5 anni rispetto alla pensione di vecchiaia, ma anche di un paio d’anni circa rispetto alla pensione anticipata ordinaria. Ed è proprio su questa misura che molti lavoratori troveranno sconveniente andare in pensione con la quota 103 nel 2025.

La pensione a 62 anni nel 2025 non è tutta rose e fiori. Nello specifico, andremo a vedere adesso quali sono tutte le penalizzazioni della misura e perché a molti converrebbe rimandare. Meglio aspettare due anni per andare a riposo senza lasciare nulla per strada, perché il paragone tra quota 103 e la pensione anticipata ordinaria non regge.

In pensione a 62 anni nel 2025: vantaggi, svantaggi e perché per qualcuno meglio rinviare

Innanzitutto, la quota 103 è una misura che non consente, una volta usciti dal lavoro e quindi andati in pensione, di svolgere alcuna attività lavorativa. Sia essa di lavoro dipendente o autonomo. L’unica attività che si può svolgere dopo essere usciti dal lavoro con la quota 103 è quella di lavoro autonomo occasionale, purché il reddito percepito da tale attività per anno solare sia fino a 5.000 euro. La misura, come tutti sanno, è una misura contributiva, perché impone a chi esce dal lavoro con questo strumento previdenziale di accettare il ricalcolo completamente contributivo della prestazione.

Quindi, anche chi ha iniziato a lavorare e ha iniziato a versare i contributi prima del 1996 deve essere assoggettato a questo genere di calcolo della prestazione. Un ricalcolo contributivo che penalizza di molto i soggetti che si trovano con almeno 18 anni di contributi versati già al 31 dicembre 1995. Per questi lavoratori, infatti, il miglior calcolo retributivo della prestazione sarebbe esteso fino al 31 dicembre 2011. Ed invece, con la quota 103, bisognerà accettare un calcolo completamente contributivo della prestazione.

Infine, la quota 103 è una misura che non può superare di importo le quattro volte il trattamento minimo. Significa che se il trattamento minimo nel 2025 sarà più o meno di 600 euro al mese, la pensione di quota 103 non potrà mai superare i 2.400 euro lordi al mese.

Quota 103 o pensione anticipata ordinaria? Il paragone non regge

Alla luce di tutto questo, il nostro lettore ha perfettamente ragione a considerare la pensione a 62 anni di età praticamente inutile per la sua situazione attuale, sia lavorativa che contributiva. Infatti, se proseguirà a lavorare per altri 22 mesi e quindi raggiungerà i 42 anni e 10 mesi di contributi versati, potrà andare in pensione senza quelle penalizzazioni prima citate. A partire dall’importo soglia della prestazione, passando per il divieto di cumulo con i redditi da lavoro e finendo con il ricalcolo contributivo dell’intera prestazione.

In effetti, la pensione anticipata ordinaria non prevede tagli di assegni o ricalcoli contributivi. E quindi è una misura molto più vantaggiosa rispetto alla quota 103.

La misura è piuttosto penalizzante e lo è ancora di più per le donne,. Ciò dal momento che si troverebbero soltanto a 10 mesi di distanza dalla pensione anticipata ordinaria. Infatti, come tutti sanno, la pensione anticipata ordinaria per gli uomini si ottiene con 42 anni e 10 mesi di contributi versati a prescindere dall’età. Invece, per le donne si raggiunge con 41 anni e 10 mesi di contributi versati. È evidente che, lavorando solo 10 mesi in più, una lavoratrice potrebbe evitare tutti quei tagli di assegno che abbiamo detto in precedenza.

Meglio aspettare due anni per andare a riposo senza lasciare nulla per strada

La pensione a 62 anni infatti sembra calzare a pennello davvero per chi è all’ultima spiaggia. Parliamo di soggetti che magari hanno perso il lavoro o che non riescono a trovarne uno nuovo. Soggetti che non hanno alternative all’andare subito in pensione con la quota 103, a prescindere dalle perdite in termini di assegno.

Chi ha un’alternativa perché magari continua a lavorare o può sfruttare qualche periodo di disoccupazione indennizzata come la Naspi, ha sicuramente interesse a rimandare l’uscita.

E a posticiparla di circa due anni, rimandando tutto al 2027.

Va detto, per esempio, che chi è in Naspi ha anche il vantaggio di avere due anni potenziali di indennità di disoccupazione fruibile. E tra l’altro, questa disoccupazione per tutta la sua durata è coperta anche dalla contribuzione figurativa. Che favorirebbe anche l’importo della prestazione in sede di calcolo, dal momento che per le pensioni anticipate ordinarie valgono sia i contributi effettivi da lavoro che quelli figurativi, volontari o da riscatto.

In definitiva, come probabilmente anche il nostro lettore farebbe bene a considerare di fare, meglio aspettare due anni per andare a riposo senza lasciare nulla per strada.

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.

2 Comments

  1. Sono coltivatrice diretto nel 2025avro versato 35 anni di contributi e 62 anni di età devo comunque pagare ancora i contributi potrei fare domanda di pensione avendo avuto 2 figli

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