In pensione a 63 anni o addirittura prima, ecco come si può fare subito

Pensione a 63 anni è possibile per molti invalidi e ci sono misure che consentono di uscire addirittura prima, ecco come si può fare subito.
4 mesi fa
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In pensione a 63 anni o addirittura prima, ecco come si può fare subito
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Per andare in pensione a 63 anni o ancora prima, bisogna prima di tutto rientrare in determinate categorie di contribuenti. E poi bisogna completare tutti i requisiti previsti dalla misura previdenziale che un lavoratore intende sfruttare. Ci sono per esempio i lavori gravosi. Parliamo di lavoratori che svolgono mansioni particolarmente logoranti a tal punto che lo Stato concede delle uscite dal lavoro in anticipo.

Perché evidentemente sono attività che sconsigliano la lunga permanenza in servizio. E lo stesso vale per i lavori usuranti.

Poi ci sono le donne, che notoriamente sacrificano carriera e lavoro per la famiglia, i figli e la casa. Ma se c’è una categoria che lo Stato tutela questa categoria è quella dei disabili. Infatti gli affetti da invalidità sono una delle categorie più tutelate dalle leggi italiane in materia previdenziale.

In pensione a 63 anni o addirittura prima, ecco come si può fare subito

Agevolazioni e prestazioni assistenziali per invalidi, soprattutto per chi rientra nei benefici della legge 104, sono largamente diffusi. Ma ci sono anche dei vantaggi riguardanti le prestazioni previdenziali e quindi le pensioni. Per chi ha una determinata invalidità ed ha versato contributi, i vantaggi sono notevoli.

In genere sono vantaggi che cominciano a partire da una percentuale del 74%. In questo caso infatti ci sono alcuni vantaggi che si possono tranquillamente sfruttare. Ci sono prestazioni per invalidi che consentono l’uscita in anticipo dal mondo del lavoro.

Per esempio c’è l’APE sociale che fa uscire dal lavoro a 63 anni e 5 mesi di età. Bastano 30 anni di contributi per accedere alla pensione con l’Anticipo pensionistico sociale. Più che una pensione si tratta di un trattamento di accompagnamento alla pensione. Perché effettivamente la prestazione non prevede tredicesima, non ha indicizzazione, assegni familiari e maggiorazioni. E scade al compimento dei 67 anni di età.

Con l’APE sociale si può prendere al massimo un trattamento da 1.500 euro al mese.

Ma sono per gli invalidi al 74% almeno si apre la possibilità di pensione a 63 anni. E con questa invalidità chi ha versato almeno 41 anni di contributi può prendere pure la quota 41. Serve che almeno un anno sia stato versato interamente prima di aver compiuto 19 anni. E serve che almeno 35 anni siano effettivi da lavoro e quindi neutri rispetto alla contribuzione da malattia o da disoccupazione.

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Sempre al 74% di invalidità bisogna arrivare per uscire dal lavoro con opzione donna. Infatti la misura dal 2023 è diventata appannaggio solo di determinate categorie, tra cui queste invalide. E per andare in pensione con questa misura bastano 35 anni di contributi ed un’età variabile in base ai figli avuti. Infatti bastano 59 anni di età con più figli avuti, 60 anni con un solo figlio e 61 anni senza figli.

Età e contributi devono essere completati entro il 31 dicembre dell’anno precedente quello del pensionamento. Se l’invalidità è all’80% ed è specifica per il tipo di lavoro che svolge il diretto interessato, la pensione può arrivare addirittura 11 anni prima.

Infatti le donne possono sfruttare la pensione di vecchiaia con invalidità pensionabile a partire dai 56 anni di età e con solo 20 anni di contributi. Gli uomini invece, sempre con 20 anni di contributi possono sfruttare la stessa misura solo a partire dai 61 anni di età.

Sempre per gli invalidi c’è la possibilità di sfruttare la maggiorazione contributiva. Che permette di raggiungere più facilmente una soglia contributiva utile ad una determinata misura pensionistica. Che sia la pensione di vecchiaia ordinaria per la quale servono 20 anni di contributi o le pensioni anticipate ordinarie per le quali servono 42,10 anni per gli uomini e 41,10 per le donne.

Ma l’agevolazione vale per altre misure, perché per ogni anno di lavoro svolto successivamente alla data del riconoscimento dell’invalidità, il lavoratore ha diritto a far valere 1,2 volte i contributi.

E così si possono recuperare fino a 5 anni di contribuzione in più utile al diritto al pensionamento. Naturalmente la maggiorazione non incide sull’importo della prestazione.

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.

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