La riforma pensioni sta per essere inserita nel Documento di Economie Finanza (Def). Ma non è prioritaria rispetto ad altre necessità sopravvenute con la guerra in Ucraina.
Da indiscrezioni pare non ci saranno novità particolari. L’idea del premier Draghi è quella di proseguire sulla strada tracciata lo scorso anno. Cioè tagliare il più possibile le pensioni anticipate riportando tutti verso le ordinarie regole previste dalla riforma Fornero.
Pensioni anticipate troppo costose
Le pensioni anticipate, si sa, costano troppo allo Stato. Soprattutto se il calcolo dell’assegno è fatto col sistema contributivo e retributivo (misto).
Cioè, applicare anche a coloro a cui spetterebbe una rendita calcolata con il sistema misto la il sistema di calcolo contributivo puro. Come già previsto per i lavoratori che hanno iniziato a versare contributi dopo il 1995 e che possono accedere alla pensione di vecchiaia anticipata a 64 anni di età.
In alternativa si potrebbe introdurre un sistema che preveda una penalizzazione graduale e commisurata agli anni di anticipo della pensione. In altre parole – come sottolinea la stessa Elsa Fornero, consigliere economico del premier Draghi – chi vuole uscire prima dal lavoro dovrà pagare qualcosa.
Uscita a 63-64 anni per tutti
Sul tavolo della riforma pensioni c’è proprio questo nodo da sciogliere che vede oltretutto i sindacati opporsi con fermezza. Quanto meno sull’età pensionabile. Per loro a 62 anni si potrebbe già andare in pensione, come avvenuto fino al 2021 con quota 100. In alternativa con 41 anni di contributi, non di più.
Ma il punto sono i conti che non quadrano. Il periodo congiunturale caratterizzato da un aumento della spesa pensionistica e dall’irreversibile calo delle natalità non permette ampi margini di manovra.
Insomma, non si possono più finanziare pensioni a debito e ogni uscita anticipata, dovrà necessariamente comportare dei tagli.