In pensione a 64 anni e con un assegno più alto del previsto: in quale caso si abbatte la penalizzazione

Prendere meno soldi per più tempo o l’assegno pieno a 67 anni? Come sarebbe la pensione a 64 anni nel sistema contributivo puro.
2 anni fa
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pensioni

Andare in pensione a 64 col ricalcolo interamente contributivo, come propone il governo, non è penalizzante. O meglio, non lo è nei termini con cui i sindacanti dipingono la questione.

A conti fatti, come vedremo, uscire tre anni prima dal lavoro rispetto ai 67 previsti per la pensione di vecchiaia è pressoché uguale. Quello che si perde inizialmente sull’assegno lo si recupera poi nel tempo di godimento della rendita.

In pensione a 64 anni col ricalcolo contributivo

Andare in pensione a 64 anni con il calcolo interamente contributivo, anziché misto, sembra penalizzante, ma lo è solo nell’immediato.

E questo dipende anche da quando uno ha iniziato a lavorare. Più sono gli anni di lavoro ante 1996, maggiore sarebbe la penalizzazione rispetto a una liquidazione col sistema misto.

La riforma prevede, almeno nelle intenzioni dell’esecutivo, di eliminare il sistema di calcolo per la parte retributiva della pensione. Non serve stravolgere nulla del nostro ordinamento pensionistico, poiché la possibilità di lasciare il lavoro a 64 anni già esiste per i contributivi puri, cioè quelli che hanno iniziato a lavorare dopo il 1995.  Ma c’è un limite. Quello legato al minimo di pensione a calcolo che non deve essere inferiore a 2,8 l’importo dell’assegno sociale. Cioè 1.310 euro al mese.

Basterebbe quindi rimuovere questo paletto per risolvere il problema e mandare tutti in pensione a 64 anni. Opzione che però i sindacati non sembrano disposti ad accettare, anche se l’età di uscita è in linea con quella degli altri Paesi Ue.

La penalizzazione c’è veramente?

La penalizzazione della pensione sarebbe relativa. Tagli agli assegni ce ne sarebbero, è inevitabile rivendendo il sistema di calcolo. Ma bisogna considerare anche il periodo di godimento della pensione che ne deriva.

Secondo Alberto Brambilla, presidente di Itinerari Previdenziali, da quest’anno il 90% circa dei potenziali pensionati sono nel regime misto e la loro pensione per il 70% circa è calcolata con il metodo contributivo.

Quindi solo un terzo della pensione sarebbe “danneggiato” dal sistema di calcolo contributivo.

Pertanto, il regime di calcolo contributivo puro anche per chi sta nel sistema misto sarebbe accettabile perché inciderebbe in maniera minima sull’assegno. Peserebbe per circa il 3% l’anno. Il che significa che uscendo a 64 anni col sistema contributivo puro si perderebbe il 9% della pensione rispetto all’uscita a 67 col sistema misto.

Tuttavia – osserva Brambilla –  non si tratta di una penalizzazione come qualcuno afferma. Semplicemente si prenderebbe la pensione prima, e la si godrebbe 3 anni in più rispetto alla vecchiaia. Quindi, alla fine, in media l’incasso pensionistico è lo stesso.

Mirco Galbusera

Laureato in Scienze Politiche è giornalista dal 1998 e si occupa prevalentemente di tematiche economiche, finanziarie, sociali

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