In pensione anticipata con assegno tagliato o aspettare i 67 anni, il bivio per il 2023

Andare in pensione anticipata con l'assegno tagliato dal prossimo anno. Oppure, senza penalizzazioni, attendere il compimento del 67esimo anno di età. Al fine di ritirarsi dal lavoro con la prestazione INPS di vecchiaia. Ecco uno dei possibili scenari.
3 anni fa
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Andare in pensione anticipata con l’assegno tagliato dal prossimo anno. Oppure, senza penalizzazioni, attendere il compimento del 67esimo anno di età. Al fine di ritirarsi poi dal lavoro con la prestazione INPS di vecchiaia.

Per la pensione anticipata, infatti, potrebbe essere questo uno degli scenari possibili per il 2023. Quando dovrebbe essere messa a punto la riforma strutturale delle pensioni. Anche per superare definitivamente la legge Fornero in accordo con le istanze dei Sindacati di Cgil, Cisl e Uil. Così come è riportato in questo articolo.

Sulle anticipate c’è infatti un tavolo di confronto su un totale di tre. Mentre gli altri due vertono sulla previdenza integrativa e sulle pensioni dei giovani e delle donne.

In pensione anticipata con l’assegno tagliato o aspettare i 67 anni, il bivio per il 2023

Nel dettaglio, quella della pensione anticipata con l’assegno tagliato è una proposta formulata da Michele Reitano. Il quale attualmente fa parte della Commissione tecnica istituita dal ministero del Lavoro.

In particolare, la proposta per chi va in pensione anticipata con l’assegno tagliato prevede una decurtazione dell’assegno che è pari al 3%. Una decurtazione che, nello specifico, è calcolata per ogni anno di anticipo, al momento del ritiro dal lavoro, rispetto alla maturazione dei requisiti per la pensione INPS di vecchiaia.

Il bivio per il 2023 tra le possibili decurtazioni e l’attesa fino a 67 anni di età

Quindi, in base a questa proposta, prima il lavoratore si ritira, più la pensione anticipata sarà con l’assegno tagliato. In questo modo le uscite anticipate non peserebbero sui conti dello Stato italiano proprio perché il costo di uscita anticipata sarebbe a carico del lavoratore. Ed in questo modo, chiaramente, si garantirebbe quella flessibilità in uscita che chiedono proprio i Sindacati. Senza però andare a mettere sotto pressione la previdenza pubblica. Nel medio come nel lungo termine.