Il governo punta a tagliare le pensioni anticipate. Costano troppo allo Stato, si sa. E, nonostante il rimbalzo dell’economia, il periodo congiunturale non aiuta a trovare soluzioni alternative.
L’Istat ha confermato che nel 2021 è stato raggiunto il record negativo delle nascite nel nostro Paese (390 mila). Un dato allarmante che mina alla base la tenuta futura del sistema pensionistico. Del resto, senza lavoratori, chi manterrà le rendite?
Pensioni anticipate e di vecchiaia
L’altro dato che preoccupa riguarda gli importi delle pensioni anticipate.
Un divario enorme che a prima vista desta preoccupazione e che obbliga lo Stato a corrispondere soldi per un periodo più lungo a fronte di un aumento della speranza di vita. L’Italia è il Paese dove si vive più a lungo e al contempo si spende di più per le rendite.
Un contesto che non consente più di mantenere questo sistema. Anche perché il numero dei lavoratori diminuisce di anno in anno, mentre quello dei pensionati aumenta. Con il rapporto fra popolazione attiva e non in tendenziale sbilanciamento.
Uscita dal lavoro a 64 anni
Per mettere freno alla spesa e mantenere in equilibrio il sistema è quindi necessario tagliare le pensioni. Innanzitutto eliminando quelle sotto i 60 anni, come Opzione Donna, e poi consentendo la pensione anticipata solo a fronte di penalizzazione.
L’ipotesi più accreditata, emersa dall’ultimo incontro fra governo e sindacati, è quella di una pensione a 64 anni con penalizzazione per ogni anno di anticipo rispetto ai 67 (schema Raitano). Opzione che trova contrari i sindacati che puntano a lasciare il lavoro a 62 anni.
Ferma restando l’età di uscita a 64 anni, Albero Brambilla, presidente di Itinerari Previdenziali, propone di mantenere quota 102.
Il governo vorrebbe invece introdurre un sistema di pensionamento anticipato a 64 anni ma con pensione calcolata interamente col sistema contributivo anziché misto. Quindi vi sarebbe una forte penalizzazione perché la pensione sarebbe liquidata sulla falsariga di quanto avviene con Opzione Donna.