In pensione con quota 41, ma non per tutti dal 2022

Dopo quota 100, in pensione con quota 41 ma non sarà per tutti. Ne avranno diritto i precoci, gli svantaggiati e i lavoratori gravosi.
3 anni fa
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pensione

Quota 100 volge al termine e dal 2022 già si pensa a quota 41 per tutti. Un sistema di pensionamento anticipato che scatterebbe appunto alla maturazione di 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età.

Del resto, l’opzione quota 100 (pensionamento anticipato con almeno 62 anni di età e 38 di contributi) terminerà alla fine del 2021. In assenza di riforma a quota 41, dal primo gennaio 2022 si tornerà a considerare solo le regole previste dalla riforma Fornero a 67 anni di età. Uno scalone di cinque anni, dunque.

Quota 41 per tutti

Per molti lavoratori prossimi alla pensione sarebbe quindi una beffa perché sarebbero costretti a lavorare fino alla veneranda età di 67 anni per ottenere la pensione di vecchiaia.

O a maturare almeno 42 anni e 10 mesi di contribuzione (41 anni e 10 mesi per le donne) prima di lasciare il lavoro. Quota 41 è quindi una valida soluzione.

Si sta quindi studiando la possibilità di permettere ai lavoratori di andare in pensione un po’ prima, con 41 anni di contribuzione (quota 41). Opzione attualmente prevista solo per i lavoratori precoci. La riforma più gettonata è quindi questa e troverebbe accoglimento sia sul fronte governativo che su quello sindacale, ma costerebbe alle casse dello stato oltre 12 miliardi di euro. Impensabile in un momento congiunturale come quello che stiamo attraversando.

Requisiti

Così al tavolo tecnico presso il Ministero del Lavoro si starebbe facendo largo l’ipotesi di consentire il pensionamento anticipato con quota 41 a tutti i lavoratori con 41 anni di contribuzione solo a certe condizioni.

Una di queste è rientrare nei cosi detti lavoratori precoci. Cioè quei lavoratori che possono dimostrare di aver lavorato almeno 12 mesi prima del compimento dei 19 anni di età. Opzione peraltro già esistente.

Altre condizioni, in alternativa, sarebbero legate allo svolgimento di lavori gravosi e usuranti. Per le categorie ammesse, si pensa a una estensione rispetto a quelle già esistenti, includendo anche il lavoro notturno.

Infine, potrebbero rientrare in quota 41 anche i lavoratori che si trovano in particolari difficoltà sociali.

Come ad esempio lo stato di disoccupazione o la cassa integrazione. Ma anche il fatto di dover accudire parenti ammalati o figli portatori di handicap.

La penalizzazione

Per tutti gli altri si farebbe strada la possibilità di andare in pensione con quota 41 indipendentemente dall’età, a patto di subire una leggera penalizzazione. Cioè facendo in modo che la pensione sia accettata con il sistema interamente contributivo.

Cosa significa questo? In pratica i periodi di lavoro effettuati fino al 31 dicembre 1995 e rientranti nel regime retributivo dovranno essere conteggiati col sistema di calcolo contributivo, penalizzante sotto il profilo economico.

Ne deriverebbe un taglio dell’assegno che non è determinabile a priori, ma sarà tanto più pesante quanti più saranno i contributi versati prima del 1996. Per chi avrà pochi contributi versati prima del 1996, la penalizzazione sarà invece minore. Qui ognuno sarà libero di scegliere e fare i suoi calcoli.

Mirco Galbusera

Laureato in Scienze Politiche è giornalista dal 1998 e si occupa prevalentemente di tematiche economiche, finanziarie, sociali

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