In pensione da i 63 ai 72 anni con il bonus per chi aspetta i 67

La riforma che si attende potrebbe posticipare ancora più la risposta alla domanda su “quando andare in pensione”
3 mesi fa
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Il tema delle pensioni in Italia è al centro di un dibattito intenso e continuo, soprattutto con l’attuale governo Meloni impegnato a definire nuove regole e requisiti. La riforma pensionistica in fase di studio prevede cambiamenti significativi riguardo a quando andare in pensione, introducendo una maggiore flessibilità ma anche nuovi requisiti più stringenti.

Una delle ultime ipotesi messe sul tavolo è l’introduzione di una fascia di flessibilità per l’uscita dal mondo del lavoro, compresa tra i 63/64 anni e i 72 anni.

Questa proposta mirerebbe a permettere ai lavoratori di scegliere il momento del pensionamento in base alle proprie esigenze personali e professionali, accettando però penalizzazioni se decidessero di ritirarsi prima dei 67 anni. Questa misura rappresenterebbe un tentativo di bilanciare le necessità individuali con la sostenibilità finanziaria del sistema pensionistico.

Quando andare in pensione di vecchiaia: cosa potrebbe cambiare

La riforma potrebbe prevedere un inasprimento dei requisiti per la pensione di vecchiaia, che passerebbero dagli attuali 67 anni di età con 20 anni di contributi a 67 anni con 25 anni di contributi.

Quindi, per la pensione vecchiaia potrebbero non bastare più 20 anni di contributi. Questo cambiamento potrebbe avere un impatto significativo su molti lavoratori, escludendoli di fatto dalla possibilità di andare in pensione se non hanno accumulato il numero necessario di anni di contributi. Cinque anni di contributi in più potrebbero costringere molti a rimanere nel mercato del lavoro più a lungo di quanto previsto.

Per chi sceglierebbe di ritirarsi prima dei 67 anni, ci sarebbero delle riduzioni dell’assegno pensionistico. Al contrario, sono ipotizzati premi per coloro che decidessero di continuare a lavorare oltre i 67 anni. Questa doppia strategia di penalizzazioni e incentivi mirerebbe a rendere la riforma più accettabile e sostenibile per le casse dello Stato, cercando di limitare i costi associati a un pensionamento anticipato senza penalità.

La fascia di flessibilità 64-72 anni

Il suggerimento di introdurre una fascia di flessibilità tra i 64 e i 72 anni per andare in pensione si basa sul principio che i lavoratori possano uscire prima dal mercato del lavoro accettando una pensione ridotta.

Questa soluzione offrirebbe una maggiore libertà di scelta. Permetterebbe ai lavoratori di pianificare il proprio futuro in base alle proprie condizioni di salute, esigenze familiari e personali.

Tuttavia, è fondamentale considerare l’impatto finanziario di una pensione ridotta sul lungo periodo.
Una delle proposte per contenere i costi della riforma prevede che l’importo della pensione anticipata non debba essere inferiore a 1.5 volte l’assegno sociale. Questo vincolo è stato rimosso dall’ultima legge di Bilancio. Ma si propone di reintrodurlo per garantire che i pensionati non cadano in condizioni di povertà accettando assegni troppo bassi pur di lasciare il lavoro.

Quando andare in pensione “anticipata oggi

Ricordiamo che tra le misure di pensionamento anticipato attualmente in vigore, troviamo l’Ape sociale e l’Opzione Donna, insieme alla proposta della Lega di Quota 41. Proprio con riferimento a Quota 41 si stima che ne trarrebbero beneficio solo 100.000 lavoratori. Questi strumenti offrono diverse possibilità ai lavoratori di ritirarsi prima dell’età prevista per la pensione di vecchiaia. Anche se spesso con condizioni specifiche che devono essere rispettate.

La riforma delle pensioni che il governo Meloni sta valutando introdurrebbe cambiamenti rilevanti e complessi. L’obiettivo è quello di creare un sistema pensionistico più flessibile e sostenibile. Stabilire quando andare in pensione diventa una decisione più personalizzata, ma che richiederebbe una pianificazione attenta e una valutazione delle proprie condizioni contributive e finanziarie. Le nuove regole dovranno mirare a trovare un equilibrio tra le esigenze dei lavoratori e la necessità di mantenere stabile il sistema previdenziale. Evitando, al tempo stesso, costi eccessivi per lo Stato.

La combinazione di requisiti più severi, incentivi e penalizzazioni rappresenterebbe un approccio bilanciato per affrontare le sfide demografiche ed economiche che il sistema pensionistico italiano deve fronteggiare.

Riassumendo…

  • allo studio diverse soluzioni sul futuro delle pensioni italiane
  • flessibilità in pensione tra 63/64 e 72 anni, con penalizzazioni prima dei 67 anni
  • pensione di vecchiaia a 67 anni con 25 anni di contributi, anziché 20
  • incentivi per lavorare oltre 67 anni e penalizzazioni per pensioni anticipate
  • importo minimo pensione anticipata pari a 1.5 volte l’assegno sociale.

Pasquale Pirone

Dottore Commercialista abilitato approda nel 2020 nella redazione di InvestireOggi.it, per la sezione Fisco. E’ giornalista iscritto all’ODG della Campania.
In qualità di redattore coltiva, grazie allo studio e al continuo aggiornamento, la sua passione per la materia fiscale e la scrittura facendone la sua principale attività lavorativa.
Dottore Commercialista abilitato e Consulente per privati e aziende in campo fiscale, ha curato per anni approfondimenti e articoli sulle tematiche fiscali per riviste specializzate del settore.

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