La riforma pensioni sembra ancora un rebus. Ma più passa il tempo e maggiori sono le probabilità che si tratti di ritocchi al sistema che già esiste, più che di profondi cambiamenti.
Che poi, alla fine, il risultato sarà quello di far convergere le pensioni anticipate verso i requisiti ordinari previsti dalla Fornero. L’obiettivo del governo è quindi questo per ottenere risparmi di spesa nel tempo.
In pensione a 64 anni
Si tira quindi dritto verso una uscita anticipata a 64 anni.
Inoltre, la legge che consente l’uscita a 64 anni già esiste, ma riguarda solo i lavoratori contributivi puri. Basterebbe quindi estenderla a tutti con una piccola modifica, anche se gli effetti sarebbero enormi.
La riforma Fornero consente, infatti, l’uscita dal lavoro al raggiungimento dell’età di 64 anni con almeno 20 anni di contributi, ma l’assegno previsto non deve essere inferiore a 2,8 volte il trattamento minimo di pensione.
Non è cosa da poco, poiché tale soglia corrisponde a circa 1.310 euro al mese. Una cifra superiore alle pensioni medie liquidate nel 2021 e che lascerebbe fuori tanti lavoratori. Quindi bisognerebbe intervenire anche su questo parametro.
Quando si prende uscendo tre anni prima
Altro interrogativo che ci si pone è quanto si prenderebbe di pensione uscendo a 64 anni. Poiché il ricalcolo avverrebbe solo col sistema contributivo, così come previsto, ne deriverebbe una penalizzazione.
Tuttavia, secondo gli esperti, la percentuale di penalizzazione non sarebbe uguale per tutti. Cambia in al peso contributivo di ciascuno lavoratore per gli anni di lavoro svolti prima del 1996. In pratica, più contributi ci sono da migrare dal sistema retributivo (ante ‘96) a quello contributivo, maggiore sarà la perdita.
I sindacati si oppongono fermamente a questo tipo di soluzione, prospettando tagli dell’ordine del 30%.
Anche solo per il fatto che a 64 anni (rispetto ai 58-59 delle lavoratrici) il coefficiente di trasformazione sarebbe più alto e la quantità di contributi da migrare più bassa.