Il governo lavora per la riforma delle pensioni anticipate a partire dal 2023. Benché la bozza di modifica del quadro normativo sia ancora allo stato embrionale, di certo non saranno toccati alcuni punti fondamentali dell’ordinamento pensionistico.
Fra questi, i requisiti ordinari per l’accesso alla pensione di vecchiaia a 67 anni. O, in alternativa, con 42 anni e 10 mesi di contributi indipendentemente dall’età (per le donne 12 mesi in meno). Così come previsto dalla riforma Fornero.
Nel 2023 si andrà in pensione a 67 anni
L’anno prossimo, dunque, si andrà ancora in pensione al compimento di 67 anni.
Così, per il biennio 2023-24, l’età pensionabile resterà congelata. Il meccanismo di aggiornamento, non prevede un arretramento, ma soltanto uno stop all’aumento qualora la speranza di vita subisca un calo.
In altre parole, quindi, si potrà andare in pensione di vecchiaia a 67 anni fino alla fine del 2024. La corsa al rialzo dell’età pensionabile riprenderà nel 2025 (3 mesi in più) per raggiungere il limite fissato dalla Fornero a 68 anni nel 2031. Da lì in avanti gli incrementi, sempre legati alla speranza di vita, passeranno da 3 mesi a 2 mesi ogni biennio fino al 2054.
Le uscite anticipate
Per le pensioni anticipate che si basano sull’anzianità contributiva, invece, l’uscita rimarrà a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne, indipendentemente dall’età.
La sospensione, in questo caso, non è dovuta al calo della speranza di vita, ma a uno specifico provvedimento legislativo contenuto nella legge di bilancio 2017 che ha congelato il pensionamento anticipato fino alla fine del 2026.
Stesso discorso vale per le pensioni anticipate riservate ai lavoratori precoci. La legge di bilancio 2019 ha congelato gli adeguamenti (cinque mesi ogni due anni) fino alla fine del 2026. I precoci, quindi, potranno continuare ad andare in pensione con 41 anni di contributi versati indipendentemente dall’età anagrafica.