Normalmente il pagamento di una pensione non può essere bloccato. Si tratta di un diritto derivante dal versamento di contributi nel tempo e quindi garantito dalla legge.
Vi sono però dei casi per i quali scatta la sospensione dei pagamenti o la riduzione dell’assegno. Anche questi sono previsti dalla legge e quindi l’ente pensionistico non può agire arbitrariamente, ma solo in particolari circostanze.
Casi di sospensione del pagamento della pensione
Uno dei cosi più noti di sospensione del pagamento della rendita è quello legato ai redditi.
Il divieto di cumulo è però previsto anche per altre prestazioni, come quelle erogate dall’Inps per gli assegni di invalidità civile, impropriamente definiti come pensione di invalidità. Anche in questo caso, superati certi limiti di reddito singolo e/o familiare, il pagamento viene sospeso. Idem per il mancato superamento della revisione sanitaria per coloro che ne sono soggetti e percepiscono indennità economiche.
Lo stesso dicasi per le pensioni di reversibilità. In presenza di redditi sopra determinate soglie, gli aventi diritto si vedranno ridurre l’erogazione dell’assegno. In questo caso, si tratta di un ridimensionamento dell’importo.
Altro caso di blocco della rendita riguarda i pensionati italiani che risiedono all’estero e non comunicano per tempo, ogni anno, l’esistenza in vita. In questo caso, l’assegno viene dapprima sospeso e poi eliminato.
Pignoramento e trattenute
Il caso più frequente di blocco della pensione riguarda i casi di pignoramento. Secondo la normativa vigente, però, è possibile pignorare le pensioni solo in parte e in base all’importo.
I limiti di pignoramento previsti per la pensione in base all’importo mensile sono di:
- 1/5 per le pensioni fino a 2.500 euro;
- 1/7 per le rendite comprese fra 2.500 e 5.000 euro;
- 1/10 per le pensioni superiori a 5.000 euro.
Esiste poi un limite al di sotto del quale non è possibile pignorare l’assegno .