Dal primo gennaio 2017 l’indennità di mobilità ordinaria, ovvero l’ammortizzatore sociale previsto per le grandi imprese con più di 15 dipendenti, andrà in soffitta rimpiazzata dalla Naspi. Cosa succederà dunque ai lavoratori licenziati a far data dal 31 dicembre 2016 che non potranno essere collocati in mobilità ordinaria? Anche a loro, qualora sussistano i requisiti, si applicherà dunque la Naspi. Nessun cambiamento invece per chi entrerà in mobilità entro fine anno (o a maggior ragione per chi già lo è): in tutti questi casi fino all’esaurimento del periodo di assistenza non ci sono variazione sull’indennità.
Ricordiamo che quest’ultima, dopo la riforma Fornero del 2012, ha una durata massima di 48 mesi e prevede l’erogazione di un importo pari al 100% per il primo anno e all’80% della retribuzione dal tredicesimo mese in poi (entro i massimali previsti in ogni caso).
Naspi 2017: cosa cambia per chi avrebbe chiesto l’indennità di mobilità ordinaria
Quali novità dunque per la Naspi 2017 nel caso in cui, ad oggi, sarebbe stata applicata l’indennità di mobilità ordinaria? La durata massima del sussidio sarà fissata a due anni e l’assegno non sarà più ancorata all’età del lavoratore o alla zona di residenza.
Ne avranno diritto i lavoratori con almeno 13 settimane di contribuzione negli ultimi 4 anni e almeno 30 giorni di lavoro effettivo nell’ultimo anno che precede l’evento di disoccupazione. L’ammontare dell’ammortizzatore in esame si ottiene sommando gli imponibili previdenziali degli ultimi 4 anni, dividendo il risultato per le settimane di contribuzione e infine moltiplicando il tutto per 4,33 entro un massimale di 1300 euro. L’importo, però, viene ridotto del 3% a partire dal mese dal quarto mese di fruizione.
Naspi 2017 o indennità di mobilità ordinaria: quale conviene?
Facciamo un esempio pratico, il caso di un lavoratore del mezzogiorno con stipendio di 2 mila euro lordi al mese.
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