L’indicatore di mercato preferito da Warren Buffett ha raggiunto il 200% martedì, segnalando che le azioni sono enormemente troppo care e che potrebbe essere incombente un crollo dei mercati finanziari.
Si tratta di un indicatore che mette in rapporto la capitalizzazione di mercato di tutte le azioni statunitensi quotate in borsa e il PIL dell’ultimo trimestre disponibile.
Questo indicatore è riuscito a prevedere molte delle crisi passate ma, a onor del vero, non è immune da difetti. Vediamo meglio di cosa si tratta e quali sono i pro e i contro dell’indicatore di mercato preferito da Warren Buffett.
Warren Buffett e il suo indicatore, di cosa si tratta?
L’indicatore Buffett (così ormai è stato ribattezzato), come già detto, mette in relazione il valore di capitalizzazione di mercato di tutte le azioni statunitensi quotate in borsa e il PIL americano dell’ultimo trimestre disponibile.
Gli investitori lo usano come un indicatore approssimativo della valutazione del mercato azionario rispetto alle dimensioni dell’economia.
In una recente dichiarazione rilasciata alla rivista Fortune, Warren Buffett ha spiegato che il suo indicatore permette di capire “dove si trovano le valutazioni azionarie in un dato momento”.
Martedì il Wilshire 5000 Total Market Index è salito fino a 44,3 trilioni di dollari, mentre l’ultima stima per il PIL del primo trimestre è di 22,1 trilioni di dollari, portando l’indicatore Buffett al 200%.
Una cifra ritenuta dallo stesso Warren Buffet troppo alta. Ed è anche per questo che lo storico investitore ha già iniziato a liquidare molte delle sue posizioni, aumentando la liquidità del suo portafoglio.
L’indicatore Buffett, pro e contro
Cominciamo col dire che l’indicatore “Warren Buffett” è già riuscito a prevedere molte delle passate crisi finanziarie.
In particolare, l’indicatore ha raggiunto livelli record poco prima delle 2 ultime grandi crisi: la bolla delle dot-com di fine anni 90 e la crisi finanziaria globale nel 2007, rendendolo uno strumento utile per anticipare le flessioni del mercato.
Tuttavia, l’indicatore ha anche i suoi difetti. Ad esempio, confronta il valore corrente del mercato azionario con il PIL del trimestre precedente.
Inoltre, le società quotate negli Stati Uniti non sempre contribuiscono all’economia americana e il PIL ignora il reddito estero.
Infine, bisogna anche aggiungere che l’emergenza sanitaria del Coronavirus e le relative politiche di contenimento adottate dai vari Paesi hanno depresso il PIL in modo anomalo, gonfiando la lettura dell’indicatore Buffett.
In effetti, i mercati azionari potrebbero aver già scontato e quindi anticipato la ripresa dell’economia dei prossimi mesi. L’indicatore potrebbe così sgonfiarsi da questi livelli record se la riapertura economica spingesse il PIL in questo trimestre.
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