Le autorità hanno dovuto prolungare l’orario delle elezioni per consentire lo smaltimento delle lunghe file davanti ai seggi. E i risultati sono apparsi subito dopo la loro chiusura abbastanza in controtendenza rispetto ai sondaggi della vigilia: la Groenlandia compie un piccolo passo verso la sua indipendenza. Ad imporsi è stato il centro-destra del Demokraatit Party, un partito ex unionista, cioè storicamente vicino alla Danimarca, ma che ha aperto ultimamente alle istanze separatiste con prudenza. Ha ottenuto il 30% dei voti, surclassando la sinistra ecologista del premier uscente Mute Egede, Inuit Ataqatigiit, crollata dal 36% al 21%. Terzi i socialdemocratici di Siumut al 15% dal 29% del 2021.
Trump vero vincitore delle elezioni
Molto bene anche la destra indipendentista di Naleraq con il 24,5%, favorevole anche a un avvicinamento agli Stati Uniti di Donald Trump. E proprio il presidente americano risulta uscire quale vero vincitore delle elezioni di ieri sull’isola di ghiaccio. Da settimane preme per ottenerne la vendita da parte della Danimarca, che ha risposto picche. I risultati ai seggi, tuttavia, gli assegnano maggiore credito di quello riscosso da Copenaghen, accusata dagli abitanti di trattarli come cittadini di serie b.
L’indipendenza della Groenlandia, che certo non arriverebbe subito e non è neanche detto che arrivi mai, segna un’ulteriore sconfitta per l’Europa sul piano geopolitico. Premessa: l’isola non fa parte dell’Unione Europea, pur essendo sotto il controllo della Danimarca, che è uno stato membro. Il punto è che tramite lo stato nordico Bruxelles avrebbe potuto sinora cercare di avvicinare a sé una realtà ricca di materie prime, tra cui le preziose terre rare. Invece, l’assenza di lungimiranza hanno fatto snobbare 2 milioni di km quadrati di territorio, favorendo in piena transizione energetica il business di realtà come la Cina.
Indipendenza Groenlandia sarebbe flop europeo
E ora che arriva Trump a volersi pappare la Groenlandia, l’eventuale indipendenza sarebbe già di per sé l’evidenza di un fallimento geopolitico del Vecchio Continente. Con ogni probabilità Washington cercherà di strappare al futuro governo locale condizioni quanto più favorevoli per eventuali attività esplorative di minerali e per la navigazione delle acque attorno all’isola con il progressivo scioglimento dei ghiacciai. Se un paio di esternazioni bastano a spostare gli equilibri geopolitici ai danni dell’Europa, siamo messi realmente male.