Il tasso d’inflazione a maggio nell’Eurozona è salito al 2% dall’1,6% di aprile. I prezzi al consumo nell’area sono stati trainati essenzialmente, per non dire esclusivamente, dai prodotti energetici (+13,1%). L’inflazione di fondo, cioè al netto proprio delle componenti volatili (prodotti energetici, alimentari, tabacchi e alcool), è cresciuta allo 0,9% dallo 0,7%.
Già ieri l’istituto di statistica tedesco Destatis aveva pubblicato il dato relativo alla Germania, la cui inflazione a maggio risulta aumentata al 2,5%. In Italia, invece, la crescita è stata più contenuta e all’1,3%.
Inflazione a maggio già al 2%, cosa farà la BCE?
Anzitutto, cosa farà Francoforte adesso che l’inflazione è risalita al target? Stando allo statuto, l’istituto si pone come unico obiettivo di mantenere la stabilità dei prezzi. Questa è considerata compatibile con una crescita “vicino, ma di poco inferiore al 2%” nel medio periodo. In teoria, il target d’inflazione sarebbe stato persino di poco superato. Tuttavia, dalla BCE commentano da settimane che quella in corso sarebbe una fiammata dei prezzi transitoria, destinata a lasciare il passo a un indebolimento successivo.
A tale riguardo, il dato sull’inflazione a maggio offre due spunti favorevoli a tale lettura. In primis, perché il rialzo è stato trainato essenzialmente dal boom dei prezzi energetici. E qui rileva il trend delle quotazioni petrolifere. Se oggi superano i 70 dollari al barile per il Brent, nel maggio dello scorso anno si attestavano intorno alla metà. Inoltre, l’inflazione di fondo resta bassa e dimezzata rispetto all’obiettivo.
Se questo è vero, dicevamo che l’eterogeneità dei dati non aiuta di certo.
Le tensioni latenti nell’area
Ne consegue che i tedeschi dovranno accettare, almeno temporaneamente, tassi d’inflazione più alti per la Germania. In tal senso va il suggerimento su un articolo pubblicato in questi giorni dall’Economist. E la BCE si sta attrezzando formalmente per affrontare un simile scenario. Uno studio realizzato dall’istituto sulla politica monetaria in 20 principali economie sviluppate ed emergenti ha trovato che sarebbe più appropriato utilizzare non già un tasso esatto d’inflazione come target, bensì un range.
Secondo i risultati dello studio, il range attorno a un tasso-obiettivo renderebbe più credibile la politica monetaria, in quanto l’istituto eviterebbe di mancare il target per un lungo periodo. E la BCE non riesce ad adempiere al suo mandato da ormai più di 8 anni. Ma nel board non c’è accordo circa la riformulazione del target. L’ipotesi che avanza sarebbe di renderlo simmetrico, cioè accettare che dopo periodi in cui il tasso d’inflazione è rimasto sotto l’obiettivo, possa superarlo per compensare. In questo modo, l’Eurozona formalmente potrà tollerare un’inflazione anche al 3% per qualche anno senza che la BCE debba intervenire per riportarla poco sotto il 2%.
Una revisione è attesa entro l’anno, ma la veloce reflazione in corso rischia di alimentare le tensioni già in auge tra “falchi” e “colombe”.