Le somme liquidate in seguito a sentenza, in favore del lavoratore con collaborazione coordinata e continuativa, ingiustamente licenziato, rappresentano reddito assimilato a quello da lavoro dipendente e come tale assoggettato alle ritenute Irpef. Si è espressa in tal senso l’Agenzia delle entrate con la risposta n° 222 del 29 marzo marzo.
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Il principio di onnicomprensività del reddito da lavoro dipendente
In base al principio di onnicomprensività del reddito da lavoro dipendente, tutti le somme e i valori corrisposti al lavoratore nel corso del periodo d’imposta, in relazione al rapporto di lavoro, costituiscono reddito da lavoro dipendente.
A fissare tale principio è l’art.51, comma 1 del DPR 917/86, TUIR.
Tale principi riguarda anche i redditi assimilati a quelli da lavoro dipendente. Il riferimento è ai redditi indicati all’art.50 dello stesso TUIR.
Ad esempio, rientrano tra i redditi assimilati a quelli da lavoro dipendente:
- le borse di studio, assegno, premi o sussidi per fini di studio e di addestramento professionale se erogate al di fuori di un rapporto di lavoro dipendente e sempre che non sia prevista una specifica esenzione
- i compensi corrisposti ai medici specialisti ambulatoriali e ad altre figure operanti nelle A.S.L. con contratto di lavoro dipendente (ad esempio biologi, psicologi, medici addetti all’attività della medicina dei servizi, alla continuità assistenziale e all’emergenza sanitaria territoriale, ecc.)
- compensi percepiti dai soggetti impegnati in lavori socialmente utili in conformità a specifiche disposizioni normative
- le somme ed i valori in genere, a qualunque titolo percepiti, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione a rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, lavori a progetto o collaborazioni occasionali, svolti senza vincolo di subordinazione e di impiego di mezzi organizzati, e con retribuzione periodica prestabilita.
Proprio su tale ultimo punto, l’Agenzia delle entrate, si è soffermata con la risposta n°222 del 29 marzo.
La risposta n° 222 del 29 marzo
La risposta n° 222 dell’Agenzia delle entrate del 29 marzo 2021 è legata ad una vicenda giuridica dalla quale è scaturita una sentenza di condanna contro l’Azienda sanitaria chiamata in giudizio da un medico specialista. Nello specifico il medico ha ottenuto il riconoscimento dell’illiceità e il conseguente annullamento del licenziamento disposto nei suoi confronti dall’Azienda sanitaria.
Il tribunale ha dichiarato l’illegittimità della revoca dell’incarico:
- ponendo a carico dell’Istante l’obbligo di rifondere alla parte ricorrente i danni subiti,
- che liquidava in via equitativa in euro 50.000 , oltre interessi legali, rigettando ogni altra domanda.
Da qui, l’Azienda sanitaria ha chiesto all’Agenzia delle entrate chiarimenti sul coretto inquadramento fiscale delle somme liquidate nonchè sull’obbligo di effettuare le ritenute sulle stesse somme.
Il parere dell’Agenzia delle entrate: la tassazione degli arretrati per il “dipendente”
L’Accordo Collettivo Nazionale che disciplina sotto il profilo economico, giuridico ed organizzativo l’esercizio delle attività professionali tra i medici specialisti ambulatoriali interni e le Aziende Ospedaliere, precisa che gli specialisti operano in regime di parasubordinazione“.
Di conseguenza, il reddito percepito dal medico specialista rientra tra i redditi assimilati a quelli da lavoro dipendente (vedi 1° pr.). Ai sensi della lettera c-bis del comma 1 dell’art.50 del TUIR:
Il principio di onnicomprensività si applica anche ai redditi appena individuati. In assenza di deroghe normative specifiche.
Da qui, l’Agenzia ritiene che:
- i sostituti sostituto d’imposta, che corrispondono redditi di lavoro dipendente devono operare all’atto del pagamento degli stessi, con obbligo di rivalsa, una ritenuta a titolo di acconto dell’imposta sul reddito delle persone fisiche sulla parte imponibile dei redditi, determinata a norma dell’articolo 52 del Tuir
- considerato che nel caso in esame la sentenza non ha disposto nulla in merito agli obblighi del sostituto d’imposta circa la non applicazione di ritenute fiscali, l’Agenzia ritiene che l’Azienda sanitaria deve operare le ritenute d’acconto (articolo 24, Dpr n. 600/1973) sulle somme liquidate dal tribunale.
Le somme liquidate al medico sono state calcolate in base alla retribuzione che gli sarebbe spettata in base al contratto nazionale.
Conclusioni: si alla tassazione degli arretrati per il “dipendente”.
In particolare, l’imposta si applica separatamente (articolo 17 del Tuir) sugli emolumenti arretrati per prestazioni di lavoro dipendente, compresi i compensi e le indennità percepiti per effetto di sentenze e riferibili ad anni precedenti. Se in uno degli anni precedenti l’erogazione non vi è stato reddito imponibile, si deve applicare “l’aliquota corrispondente alla metà del reddito complessivo netto dell’altro anno; se non vi è stato reddito imponibile in alcuno dei due anni si applica l’aliquota stabilita all’articolo 12 per il primo scaglione di reddito” articolo 21, comma 3 del Tuir).
All’atto dell’erogazione delle somme liquidate dal tribunale, l’Azienda sanitaria sarà tenuta ad applicare la ritenuta Irpef con aliquota determinata sulla base dei criteri previsti in materia di tassazione separata dall’art.21 del TUIR.
La natura risarcitoria della somma liquidata in favore del ricorrente non è da ostacolo all’applicazione delle ritenute a titolo di Irpef.
Infine, l’Agenzia ritorna su un’importante distinzione fatta diverso tempo fa con al risoluzione n°155/2002.
In tale documento di prassi è stato specificato che: se ( come il caso in esame), l’indennizzo va a compensare, in via integrativa o sostitutiva, la mancata percezione di redditi di lavoro, le somme corrisposte, in quanto sostitutive di reddito, vanno assoggettate a tassazione (lucro cessante). Viceversa, laddove il risarcimento costituisce un indennizzo per le perdite effettivamente subite non dovrà essere tassato (danno emergente). Le somme liquidate nel caso in esame non costituiscono un “danno emergente” e di conseguenza devono rientrare fra emolumenti da tassare.