Interruzione di gravidanza: quando è possibile dopo i 90 giorni?

Interruzione di gravidanza dopo 90 giorni: cosa dice la legge in merito all'aborto terapeutico e quando è possibile.
di
8 anni fa
1 minuto di lettura

Parliamo d’interruzione volontaria di gravidanza e di cosa dice la legge in merito dopo i novanta giorni canonici. La giurisprudenza, infatti, sancisce che la donna può richiedere l’aborto, entro i 90 giorni, nel caso in cui la gravidanza e il parto possano rappresentare un serio pericolo soggettivo per la salute psico-fisica. Dopo i tre mesi, invece, le condizioni cambiano e la gestante può reclamare o ottenere l’interruzione volontaria della gravidanza solo se sussistono precise condizioni gravi per la salute.

Andiamo nel dettaglio.

Aborto dopo i 90 giorni, cosa dice la legge?

La Legge 194/1978 è molto precisa in merito all’interruzione volontaria della gravidanza dopo i tre mesi canonici. Ci devono essere precise condizioni mediche, malattie in atto e disfunzioni accertate dagli organi competenti. Mentre per i primi 90 giorni, per poter procedere all’aborto si rende necessaria la decisione finale della donna che, secondo fattori soggettivi come problemi familiari, sociali o economici, può rinunciare al proseguo della gestazione, dopo i 90 giorni dal concepimento non è più una decisione volontaria e soggettiva a creare le basi per la regolare interruzione della gravidanza, bensì un fattore oggettivo, legato all’esistenza di un grave problema di salute che potrebbe mettere in pericolo la vita della donna o del bambino (ad esempio anomalie e malformazioni del feto che potrebbero portare a gravi problemi di salute nella donna).

Dopo i 90 giorni, insomma, la volontà della donna si trasforma in semplice consenso all’aborto, se sussistono tutte le condizioni appena dette, accertate da un medico del servizio pubblico sanitario. Nel caso in cui l’aborto si renda indispensabile per evitare la morte della gestante, non è nemmeno necessario il consenso, in quanto la tutela in questione fa parte del diritto alla salute e alla vita. In sostanza, l’aborto terapeutico è strettamente legato alla presenza di una minaccia per la vita della donna, è un’opzione imposta dal bisogno fondamentale di salvare la vita della gestante, qualora di trovi in serio pericolo di decesso.

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Articolo precedente

Tradimento: le intercettazioni in casa sono vietate

Articolo seguente

Diffamazione a mezzo stampa: quella su Facebook è calunnia