Quali possibili interventi su Opzione Donna: modifiche urgenti

Opzione Donna al centro del dibattito sulla riforma pensioni. Pressing dei sindacati sul governo, come potrebbe ancora cambiare dal 2024.
2 anni fa
2 minuti di lettura
opzione donna

Le modifiche 2023 a Opzione Donna non piacciono alle lavoratrici e ai sindacati. Durante il primo incontro avvenuto fra governo e parti sociali lo scorso mese di gennaio sono state sollevate diverse obiezioni circa i cambiamenti introdotti per mandare in pensione anticipata le lavoratrci.

Il più controverso è l’innalzamento da quest’ano dell’età pensionabile a 60 anni con sconto di un anno per ogni figlio fino al massimo di 24 mesi. Cosa mai successa da quando Opzione Donna è stata introdotta nel nostro ordinamento nel 20024 e che rischia di essere anticostituzionale perchè discriminante.

Poi ci sono le condizioni sociali che bisogna possedere per accedere alla deroga pensionistica.

Opzione Donna, come potrebbe cambiare

Nella prossima riunione del 9 febbraio fra sindacati e governo si discuterà del possibile cambiamento dei requisiti necessari per andare in pensione con Opzione Donna. Il ministro del Lavoro Marina Elvira Calderone si è detta disponibile a valutare in che modo intervenire in base anche al numero di domande che arriveranno.

Un intervento che, però, non potrà che divenire operativo dal prossimo anno. Per il 2023 le cose resteranno così come modificate dalla legge di bilancio. Difficile, in ogni caso – secondo le lavoratrici – che le cose possano migliorare quando sono già peggiorate: si verrebbe a creare una disparità di trattamento e una valanga di ricorsi.

Più facile che Opzione Donna sparisca del tutto nel 2024 e che venga assorbita da Ape Sociale. L’anticipo pensionistico, del resto, prevede più o meno il possesso degli stessi requisiti sociali per andare in pensione. L’unica differenza è l’età e gli anni di contributi versati. D’altro canto – fa notare il sottosegretario al Lavoro Federico Freni – Opzione Donna così come era fino al 2022 cominciava a costare un po’ troppo.

Cosa prevede la nuova versione 2023

Ma cosa cambia in sostanza da quest’anno per Opzione Donna? Innanzitutto l’età anagrafica che sale di due anni: non più 58 anni (59 per le autonome) ma 60 per tutte.

Resta la possibilità di ottenere uno sconto di un anno per ogni figlio fino al limite di 58 anni. Confermato, invece, a 35 anni il requisito contributivo minimo.

Ma il vincolo più stringente riguarda l’appartenenza a determinate categorie sociali svantaggiate fino allo scorso anno non contemplate. Dal 2023 per andare in pensione con Opzione Donna è necessario rientrare in una delle seguenti condizioni:

  • caregiver;
  • disoccupate;
  • invalide civili.

Nuovi paletti che restringono, e non di poco, l’accesso a questa prestazione.

Opzione Donna come Ape Sociale?

In questo senso, come evidente, Opzione Donna si allinea ai requisiti previsti per Ape Sociale. Le condizioni previste dalla riforma sono le stesse richieste da chi può ambire all’uscita anticipata dal lavoro a 63 anni di età con 30 di contributi. Quindi un requisito anagrafico più alto, ma contributivo più basso.

Il vantaggio della pensione che si ottiene con Ape Sociale sta nell’importo della prestazione. Come noto, Opzione Donna prevede il ricalcolo della pensione con il sistema contributivo, mentre con Ape Sociale questo non avviene.

Mirco Galbusera

Laureato in Scienze Politiche è giornalista dal 1998 e si occupa prevalentemente di tematiche economiche, finanziarie, sociali

Lascia un commento

Your email address will not be published.