3) Il Regno Unito sta per uscire dalla UE, dopo avere indetto un referendum a giugno. Lei ritiene che l’Italia dovrebbe fare lo stesso per decidere se restare nell’Eurozona, come chiede il Movimento 5 Stelle? In altre parole, pensa che l’euro sia o no un fattore di debolezza per la nostra economia?
Serve un piano b, questo è evidente. Ma non possiamo permetterci nemmeno di fare salti nel buio. Purtroppo, noi non siamo l’Inghilterra: abbiamo il terzo debito pubblico del mondo.
4) Passiamo a un tema clou di questi mesi: la crisi delle banche. I nostri istituti hanno perso in borsa quest’anno circa la metà del loro valore. Alla base delle tensioni finanziarie c’è quella montagna di crediti deteriorati da 360 miliardi lordi. Come pensa che possa essere affrontato il problema in maniera risolutiva? Ci sono stati tentennamenti negli anni passati da parte dei governi, compreso quello di cui era un illustre esponente fino alla fine del 2011?
Anche qui, noi avevamo proposto in Parlamento, con i miei colleghi Conservatori e Riformisti, soluzioni ragionevoli, ma siamo stati costantemente inascoltati.
- avevamo chiesto un serio percorso di preparazione al bail-in, pur essendo da liberali contrari al bail-out, cioè ai vecchi salvataggi di stato a spese dei contribuenti;
- avevamo chiesto una grande campagna di informazione a favore di investitori e risparmiatori, affinché potessero valutare di differenziare i loro risparmi e di non mettere tutte le uova in un solo paniere…
- avevamo chiesto un confronto più duro con l’Europa per usare il Fondo interbancario di tutela dei depositi (quindi denaro privato) all’epoca della crisi delle prime quattro banche;
- avevamo spiegato che tutte le cose fatte finora (fondo Atlante, eccetera) erano “cerotti” insufficienti.
Non ci hanno dato retta, ci hanno detto no su tutto da due anni. In un nostro recente convegno con Natale D’Amico, Lamberto Dini e Alberto Mingardi, abbiamo indicato una soluzione seria, strutturale, duratura: il ricorso all’ESM, programma di assistenza (cosiddetto fondo salvastati) che ha una dotazione enorme. In Spagna ha funzionato: e non mi pare che quel Paese abbia subito una condizionalità maggiore di quella che verrà all’Italia dalle cose, da una fragilità pericolosa – e alla lunga letale – alla quale resteremo appesi inevitabilmente…
5) Il caso MPS è il più problematico. Il governo vorrebbe sostenere più o meno direttamente il maxi-aumento di capitale da 5 miliardi, cifra spropositata per le attuali dimensioni in borsa dell’istituto. Se lo facesse, però, scatterebbe il bail-in, con perdite a carico anche degli obbligazionisti subordinati. Lei approva la nuova disciplina sui salvataggi bancari europea o è tra quanti in Italia la avversino?
Sul bail in, le ho appena risposto. A questo punto, esistono due “terapie”, una preventiva e l’altra successiva, in caso (speriamo di no) di peggioramento della situazione.
Quella preventiva è invitare ORA (anzi: SUBITO) gli obbligazionisti Mps a valutare la possibilità di liberarsi delle loro obbligazioni, per quanto possibile in questa situazione. Nessun allarme, nessun “terrorismo”. Personalmente, per quel nulla che vale la mia opinione, questo sarebbe il mio consiglio a chi mi chiedesse un parere. Ma almeno un’informazione sulla situazione in atto, sui rischi e sugli scenari, va immaginata e realizzata: in modo che ciascuno possa compiere consapevolmente (o meglio: ancora più consapevolmente) le proprie scelte, o almeno provare a farlo.
Quella successiva ricalca la strada che fu positivamente seguita nel 1982 dopo il crollo del Banco Ambrosiano per ridare fiato ai vecchi azionisti (ne furono protagonisti il Governatore Ciampi, il ministro Andreatta, e Giovanni Bazoli, alla guida del Nuovo Banco Ambrosiano): quello schema a me parrebbe praticabile anche oggi, nel caso in cui la situazione prendesse una piega catastrofica, com’è accaduto con Banca Etruria. Assegnare warrant – quindi un’opzione – in questo caso agli obbligazionisti subordinati sarebbe un modo di metterli potenzialmente in condizione di recuperare in futuro almeno qualcosa, dopo le perdite eventualmente subite.
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