Volete vedere che la soluzione per continuare ad esportare negli Stati Uniti con dazi dimezzati ce l’abbiamo praticamente in casa? Scorrendo la tabella mostrata dal presidente americano Donald Trump mercoledì sera, ci si accorge che la Repubblica di San Marino è stata graziata. Le sue imprese pagheranno solamente il 10% per entrare sul mercato USA, la metà del 20% fissata per l’Unione Europea. Formalmente, infatti, essa non è uno stato comunitario, anche se è legato con l’UE da un’unione doganale. E per quanto ci interessa, questa può trasformarsi in una buona notizia per il bond emesso da San Marino nel maggio 2023 e in scadenza a gennaio 2027 (ISIN: XS2619991883) per l’importo di 350 milioni di euro.
Monte Titano attraente per imprese straniere
Monte Titano è stato trattato alla stregua del Regno Unito, altra economia all’infuori ormai da 5 anni dall’UE. Le esportazioni verso gli USA ammontavano nel 2024 a soli 36 milioni, ma ci sono le esportazioni indirette a rilevarsi interessanti. La piccola repubblica indipendente sita nel cuore dell’Emilia-Romagna ospita già molte aziende italiane e straniere per ragioni prettamente fiscali. Adesso, può attirarne di nuove nel tentativo di queste di aggirarsi ai dazi del 20% imposti sulle merci UE. Basterebbe aprire una sede operativa ed esportare formalmente da lì per il mercato americano.
Questo fatto può costituire un indubbio vantaggio per l’economia locale, la quale diverrebbe più vivace. In pratica, un hub europeo per l’import/export con il principale mercato mondiale. Il bond di San Marino ne trarrebbe anch’esso beneficio, pur indirettamente. Esso offre una maxi-cedola del 6,50% lordo all’anno.
Quando venne emesso, lo spread con il BTp di pari durata viaggiava in area 275 punti base. Ieri, si attestava a circa 295 punti. Infatti, ad una quotazione di 102,34 rendeva il 5,10% contro il 2,15% del bond del Tesoro italiano.
Spread ancora alto
Nell’ottobre del 2023, quando i rendimenti europei salirono ai massimi livelli per via della stretta monetaria e dell’alta inflazione ancora imperante nell’unione monetaria, lo spread tra il bond di San Marino e il BTp di pari durata esplose a 700 punti base. Il primo arrivò ad offrire, infatti, il 10%. La quotazione collassava a 90 centesimi. Ricordiamo che le valutazioni delle agenzie di rating sono basse: BBB- per S&P, BB+ per Fitch. La seconda ritiene, quindi, che l’emittente sia “non investment grade”, cioè ad alto rischio di credito.
Con un’economia relativamente poco interessata ai dazi americani e divenuta molto attrattiva per le aziende straniere bisognose di esportare negli USA, c’è la possibilità che il profilo di rischio migliori nel medio periodo. Nulla appare scontato, anche perché non sappiamo se i dazi verranno rinegoziati, cancellati o rimarranno così come sono stati annunciati. Ad ogni modo, il bond di San Marino può diventare un piccolo investimento teso a differenziare il portafoglio obbligazionario in tempi di incertezze commerciali.
Bond San Marino opportunità rischiosa
Attenzione, però, al rischio opposto. Se il mercato correrà a ripararsi verso i “safe asset“, gli spread si allargheranno.
E’ quanto accaduto ai nostri bond nelle ultimissime sedute. Ieri, il differenziale superava i 120 punti base, ai massimi da metà gennaio. A maggior ragione accadrebbe per titoli del debito con rating “junk” ed emessi da stati di piccole dimensioni con un mercato sovrano poco liquido. Ecco perché bisognerà capire, a bocce ferme, come intendano muoversi gli investitori.
giuseppe.timpone@investireoggi.it