Opzione put è contratto ribassista, meglio associarlo a vendita call
Immaginiamo di prevedere che il prezzo di un titolo si abbassi. Compriamo un’opzione put, che per questo è considerata uno strumento ribassista. Con essa, otteniamo la facoltà (non l’obbligo) di rivendere il titolo a un dato prezzo, chiaramente inferiore a quello attuale, ma preferibilmente al di sopra del suo prezzo di mercato alla scadenza. Alla data convenuta, comprerò il titolo sul mercato e lo rivenderò al maggiore prezzo all’acquirente, realizzando una plusvalenza effettiva, se tale differenza supera il premio pagato per acquistare l’opzione.
Proprio a causa di quest’ultimo limite, gli investitori sono soliti effettuare due operazioni contestuali per realizzare la loro strategia ribassista: acquistare un’opzione put e vendere un’opzione call. In questo modo, con la prima metto nel cassetto la possibilità di vendere alla scadenza il titolo a un dato prezzo, mentre con la seconda operazione incasso grosso modo una somma pari a quella sborsata come premio per l’opzione put. Così, inizio a guadagnare non appena il prezzo del titolo azionario scende sotto lo “strike price”, avendo già coperto il costo dell’operazione.