Lunedì 3 gennaio, Apple ha tagliato un altro traguardo nella sua storia di successi in borsa. Pur per poco, la sua capitalizzazione a Wall Street ha superato i 3.000 miliardi di dollari. La soglia dei 1.000 miliardi era stata raggiunta nel 2017, mentre nel 2020 era stata superata quella dei 2.000. E pensare che quando poco più di dieci anni fa moriva il suo fondatore Steve Jobs, in molti tra gli analisti prevedevano la fine dell’azienda. Il nuovo CEO, Tim Cook, magari non avrà apportato grosse innovazioni di prodotto, ma almeno è stato capace di ben gestire Apple sul piano finanziario e dell’eredità pesantissima ricevuta.
E’ un dato di fatto che il manager abbia assunto le redini della società quando il titolo valeva appena 15 dollari, mentre a inizio settimana toccava i 183 dollari. In un solo decennio, +1.115%. Chi avesse voluto investire in azioni Apple dopo la morte di Jobs, oggi avrebbe più di una ragione per fare festa. E non si tratta di un caso solitario. Microsoft nello stesso periodo di tempo è cresciuta in borsa del 1.085%. Amazon, altro gioiello di Wall Street, ha segnato un rialzo del 1.850%.
Pensate che questi numeri siano il top. Non è così. Le azioni Tesla da inizio 2012 ad oggi sono esplose del 22.200%. E quelle di Netflix del 5.900%. Al confronto, sembrano poca roba il +800% di Google e il +785% di Facebook. Immaginando di avere suddiviso equamente il nostro capitale all’alba del 2012 tra questi sette titoli, oggi lo avremmo moltiplicato per più di 48 volte. E avremmo avuto dalla nostra anche il cambio euro-dollaro, deprezzatosi del 15%. Tirando le somme, il rendimento medio annuo lordo (in euro) sarebbe stato di poco meno del 50%. E non stiamo neppure tenendo in considerazione lo stacco delle cedole, altro fattore di guadagno per l’azionista.
Investire in azioni o accontentarsi di quasi niente
Le società sopra citate valgono in borsa qualcosa come oltre 11.500 miliardi di dollari, più di 5 volte il PIL dell’Italia.
Chi ha avuto la fortuna o la lungimiranza di investire in azioni come quelle sopra indicate negli anni scorsi, oggi può dirsi più che soddisfatto. Se anche solo 10.000 euro fossero stati suddivisi equamente tra questi titoli a inizio 2012, il valore del portafoglio risulterebbe schizzato a oltre 540.000 euro. Certo, ormai siamo ubriachi dei numeri in arrivo dal mondo delle crypto, dove i guadagni riescono ad essere ancora più stellari e in meno tempo. Ad esempio, un Bitcoin acquistato dieci anni fa avrebbe reso ad oggi la media del 155% all’anno, circa 11.680%. Ma questo è tutto un altro discorso. Semmai, anche questi numeri confermano che chi non possa permettersi di rischiare granché dei propri risparmi, rischia di rimanere inchiodato ai rendimenti degli zero virgola offerti dagli asset più sicuri in questa fase; mentre i più sfegatati o semplicemente più ricchi possono ammassare capitali su capitali, aumentando il distacco dal resto della popolazione.