Il 2022 sarà ricordato come l’“annus horribilis” per il mercato obbligazionario globale. Pensate che mediamente i titoli di stato italiani hanno perso più del 27%. I rendimenti sono esplosi dopo essere stati sottozero per anni fino alle medio-lungo scadenze. E per il 2023 che sta per arrivare? Investire in bond può essere una buona soluzione per chi volesse approfittare del ritorno dei rendimenti dopo l’era glaciale dei tassi negativi. La prima domanda che rivolgono a sé stessi coloro che intendono puntare sull’obbligazionario nei prossimi mesi è certamente la seguente: devo scommettere sulle brevi o lunghe scadenze? La risposta non è scontata e va valutata sulla base delle condizioni e degli obiettivi personali.
Occhio alla volatilità dei prezzi
Se volessimo investire in bond a breve termine, i rendimenti sarebbero certamente inferiori a quelli offerti dalle scadenze più lunghe. Tuttavia, ci esporremmo a una volatilità più bassa. E, comunque, la remuneratività dell’investimento potrebbe risultare ugualmente sufficiente. Ad esempio, il BTp a 5 anni rende intorno al 4% lordo. In una prima fase, non riusciremmo verosimilmente a coprire la perdita del potere di acquisto provocata dall’inflazione. In una prospettiva da “cassettisti”, invece, dovremmo riuscirci. E tutto questo, a fronte di un rischio di credito sostanzialmente nullo.
Dunque, investire in bond a breve termine può essere la soluzione preferibile di chi volesse ottenere rendimenti congrui rinunciando alla liquidità fino alla scadenza dei titoli. Il discorso cambia se si ha un’ottica di più lungo periodo, magari perché ci si può permettere di privarsi della liquidità per un lasso di tempo prolungato o anche perché si punta a un investimento di tipo speculativo. Infatti, i bond a lungo offrono rendimenti più alti, ma presentano un rischio di volatilità dei prezzi maggiore. Ciò significa che se volessimo rivendere il titolo prima della scadenza, potremmo dover fare i conti con perdite all’atto del disinvestimento nel caso in cui i prezzi di cessione risultassero inferiori a quelli di acquisto.
Investire in bond con rendimenti in calo
Ad esempio, un BTp a 10 anni offre il 4,50% lordo all’anno. Niente male, persino in tempi di inflazione fuori controllo. Ma c’è un motivo in più per investire in bond lunghi. Quando i tassi sono alti, i loro prezzi tendono a soffrire particolarmente. In cambio, i rendimenti s’impennano. Man mano che i tassi di mercato si abbassano, i prezzi risalgono velocemente e, viceversa, i rendimenti crollano. Dunque, se e quando pensiamo che il ciclo rialzista dei tassi sia prossimo alla conclusione, potremmo ipotizzare un investimento sul tratto lungo della curva a prezzi bassi e rendimenti alti.
Questa seconda strategia è rischiosa per il caso in cui i prezzi restassero bassi a lungo o ripiegassero ulteriormente. Dunque, la si può perseguire solamente se ci si può permettere di restare privi della liquidità per un periodo anche prolungato (diversi anni?). In caso contrario, meglio investire sui bond con scadenze brevi o medie (max 6-7 anni). Tanto per farvi un esempio, tra metà ottobre e gli inizi di dicembre il BTp 2072 guadagnò circa il 27% al minimo cenno di raggiungimento del picco per il rendimento. In tre settimane, però, ha perso circa il 19% con il rialzo dei rendimenti globali.