Investire in borsa per non restare indietro, ecco come le famiglie italiane possono migliorare i loro bilanci

Le famiglie italiane sono un popolo storicamente di risparmiatori, ma allo stesso tempo mostrano scarsa volontà di investire in borsa.
7 mesi fa
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Titoli in borsa che valgono un listino
Titoli in borsa che valgono un listino © Licenza Creative Commons

Siamo formiche, a dispetto di quel che pensano nel Nord Europa. Perlomeno, è vero per il settore privato. Le famiglie italiane sanno risparmiare, sebbene le ristrettezze finanziarie prolungate negli anni stiano minacciando questa loro storica vocazione e capacità. Nel 2023 la ricchezza finanziaria è salita di 80 miliardi a 5.216 miliardi di euro. In media siamo ricchi quanto gli americani e più dei tedeschi. Un punto di forza della nostra solidità patrimoniale risiede negli immobili. Siamo un popolo di proprietari di case e questo fa sì che anche le fasce più povere della popolazione detengano una percentuale di ricchezza di gran lunga superiore alle controparti di economie più ricche come la Germania.

Ma abbiamo una scarsa propensione ad investire in borsa.

Investire in borsa è ancora poco italiano

Non abbiamo mai avuto una forte passione per quella che molti definiscono “economia di carta”. La nostra radicata cultura contadina delle origini ci ha trasmesso un senso di praticità per certi versi invidiabile. Non ci facciamo ammaliare dagli indici finanziari che salgono e scendono. Abbiamo bisogno di toccare con mano e vedere con gli occhi per percepire la nostra ricchezza. Ecco perché ci piace il mattone e prediligiamo i pagamenti in contanti. Chi attacca queste nostre abitudini, il più delle volte o è in malafede (vuole venderci qualche prodotto finanziario sul quale guadagnare) o vive con supponenza e distacco il famoso Paese reale.

Tuttavia, allargare i propri orizzonti non significa rinnegare sé stessi. Se investire in borsa è ancora roba per poche famiglie, sarebbe il caso che iniziassimo ad avere minori pregiudizi. Da inizio anno Piazza Affari guadagna circa l’11% e negli ultimi cinque anni ha messo su il 55%. Certo, qualcuno può eccepire che negli anni passati fosse andata diversamente. Verissimo. C’è da dire che, in ogni caso, potremmo e avremmo potuto investire anche sui mercati azionari all’estero, dove le quotazioni nel lungo periodo hanno segnato rialzi medi cospicui.

Azioni perlopiù in mano a famiglie benestanti

Il problema degli italiani è stato ad oggi duplice: preferiscono investire poco in borsa e perlopiù a favore dei mercati stranieri. In questo modo, traggono scarso beneficio dei rialzi azionari e favoriscono le imprese concorrenti del Bel Paese. Insomma, ci facciamo del male da soli. Secondo Banca d’Italia, al 30 settembre scorso avevamo nei portafogli 1.339 miliardi di euro in azioni, il 25,7% della ricchezza finanziaria complessiva. E a fine 2022 il 50% delle famiglie italiane più povere aveva investito in azioni quotate appena lo 0,2% della loro ricchezza finanziaria contro l’1,7% del 10% più ricco.

Questo significa che la propensione ad investire in borsa risulta essere di circa nove volte più elevata tra le famiglie più benestanti rispetto a metà del Paese. Poiché nel lungo periodo le azioni tendono ad offrire rendimenti più alti delle obbligazioni o altre forme di ricchezza “fisica”, da questi dati scaturisce la considerazione che il benessere si auto-alimenta. In pratica, i più ricchi si arricchiscono ancora di più e gli altri rimangono indietro, anzi arretrano relativamente per l’avversione al rischio e la minore disponibilità di risparmi investibili nel medio-lungo termine.

Reddito aggiuntivo grazie agli investimenti

Investire in borsa per le famiglie italiane significherebbe contribuire alla crescita dell’economia nazionale e al contempo partecipare alla distribuzione dei suoi frutti. All’estero c’è stata storicamente una minore propensione al risparmio, ma una maggiore all’investimento. Il risultato è che la liquidità altrove si mette a frutto e genera reddito supplementare, spesso non così marginale come pensiamo. Noi facciamo le formiche di generazione in generazione, ma i sacrifici servono a poco ai fini della generazione di reddito aggiuntivo.

La nostra scarsa disponibilità ad affidare i capitali alle imprese quotate a Milano è fonte di altri problemi. Queste sono costrette perlopiù ad indebitarsi quando hanno bisogno di risorse e sono poche coloro che decidono di confrontarsi con il mercato azionario.

Le imprese restano di piccole dimensioni, sottocapitalizzate, incapaci spesso di innovare e reggere la concorrenza internazionale, finendo tra l’altro per offrire ai lavoratori stipendi bassi. Investire in borsa può non solo spezzare questo circolo vizioso, ma consentire anche alle famiglie meno abbienti di partecipare ai profitti delle imprese. E sappiamo quanto il tema sia avvertito in Italia, dove da inizi anni Novanta le retribuzioni reali dei lavoratori non sono cresciute affatto, anzi si sono contratte.

Investire in borsa anche senza nulla togliere ai bond

Da domani il Tesoro offre il quarto BTp Valore con scadenza maggio 2030. Il rendimento lordo medio annuo sarà del 3,625%, uguale alla scorsa emissione di due mesi fa, quando le famiglie risposero con ordini record per 18,316 miliardi di euro. Probabile che anche stavolta sarà un successo. E c’è da esserne felici, trattandosi dell’acquisto di titoli del debito pubblico. Tuttavia, questi dati fanno capire quanto spazio vi sia nei nostri portafogli per investire in borsa un po’ di più, senza necessariamente sottrarre capitali ad altre forme di impiego. Del resto, i conti correnti scoppiano di liquidità.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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