Con un Pil nominale di 2,1 mila miliardi di dollari e circa 12 mila dollari pro-capite, il Brasile, uno dei più importanti paesi emergenti, è la sesta economia del pianeta, davanti all’Italia, sebbene negli ultimi anni la crescita abbia subito un rallentamento, tanto da risultare di appena lo 0,7% medio nel periodo gennaio-settembre 2012. Nonostante questo rallentamento del ritmo di crescita molti italiani che continuano a investire in Brasile (Investire in Brasile con le obbligazioni World Bank 10%).
Investimenti in Brasile: i punti di forza della giovane economia sudamericana
Tuttavia, lo sviluppo del Paese è visibile e le potenzialità enormi.
Come fare per comprare casa in Brasile
Ricordiamo che per acquistare un immobile in Brasile bisogna possedere il codice fiscale brasiliano, che si può facilmente ottenere anche facendo richiesta dall’Italia. Stesso discorso per i terreni edificabili, che assicurano rendimenti a dir poco inimmaginabili nel nostro Paese. A Porto das Dunas, ad esempio, un lotto di fronte al mare può costare dai 100 ai 600 reais, qualcosa come 37-220 euro circa al metro quadrato. Il rendimento si aggira sull’8% annuo. Ovviamente, anche gli acquisti immobiliari in questo Paese sono soggetti al pagamento di alcune imposte. Il loro costo incide per il 6% del prezzo dichiarato. Il 3% se ne va per il pagamento dell’ITIV (l’IVA brasiliana), l’1,25% del valore dichiarato va al notaio, lo 0,75% per la voltura e l’1% per le spese amministrative. In realtà, il conto da saldare con il fisco brasiliano non è finito. Brasilia applica un’imposta sui guadagni in conto capitale, come nel caso in cui si vende un immobile a un prezzo superiore a quello di acquisto. E non basta dichiarare un valore più basso per sfuggire alle tasse, in quanto il guadagno è registrato quale differenza tra il valore di cambio in ingresso nel Paese presso la Banca Centrale e quello (più alto) in uscita per l’espatrio. Su questa differenza si applica una ritenuta del 15%, a cui si sommano in qualità di imponibile anche gli utili dichiaranti proventi dell’investimento. Anche in Brasile, poi, esiste ciò che da noi si chiama IMU. Essa varia mediamente dai 50 ai 200 euro all’anno, a seconda che si tratti di un’abitazione, di un immobile commerciale o di una villa.
Obbligazioni Brasile: le opportunità del mercato
Per coloro che, invece, volessero puntare sugli investimenti a reddito fisso, si prospettano due tipi di riferimenti temporali: i bond fino a due anni e i bond con scadenza superiore ai due anni. I primi sono soggetti all’Imposta sulle Operazioni Finanziarie del 6%, da cui sono escluse le obbligazioni superiori a due anni. In ogni caso, invece, bisogna applicare la ritenuta del 15% sugli interessi corrisposti dall’emittente. Lo scorso anno, poi, il governo brasiliano ha imposto alle società che le loro emissioni di durata superiore ai 4 anni vengano indicizzate all’indice dei prezzi (IPCA) o al tasso di riferimento. Quest’ultimo è stato fissato negli anni Novanta e si basa sulla media dei tassi di 30 istituzioni bancarie internazionali. In questo modo, il governo intende incoraggiare gli investimenti di lungo periodo, scoraggiando al contempo l’afflusso speculativo di valuta straniera di breve termine, che ha determinato l’apprezzamento del real del 40% dal 2008 ad oggi. Infatti, un paio di anni fa è stata innalzata l’aliquota sui bond fino a due anni dal 5,38% al 6%.
Borsa brasiliana: le azioni più appetibili
Al contrario, la solidità finanziaria del Paese (debito pubblico al 37% del pil), insieme a prospettive in crescita per le sue società quotate, stanno determinando una convenienza all’investimento nei titoli azionari carioca. Tra tutti, spiccano i fondi iShares MSCI Brazil Index Etf, che detiene 70 titoli finanziari, di materie prime ed energetici. Il dividendo è del 2,85% e le possibilità di plusvalenze nel lungo termine sono notevoli. Al contrario, il Market Vectors Brazil Small Cap è un fondo d’investimento incentrato sulle società a più bassa capitalizzazione, che gestisce un patrimonio di 467 milioni di dollari e che distribuisce un dividendo del 2,76%. Trattandosi di titoli di società di largo consumo, anche in questo caso le potenzialità di lucrare grosse plusvalenze nel tempo sono piuttosto ampie, specie dati i bassi valori attuali delle azioni quotate.