Sono stati e continuano ad essere anni di repressione finanziaria nell’Eurozona, ovvero di tassi d’interesse azzerati e di gran lunga inferiori alla loro media storica. Anzi, strumenti finanziari a breve termine come i titoli di stato rendono sottozero, vale a dire che si sostiene un costo ad investirvi, ribaltando i termini del rapporto che lega emittente/debitore e investitore, con il primo a guadagnare dall’emissione di titoli del debito. Per questo, milioni di famiglie italiane si chiedono se abbia senso puntare oggi sui BoT o i BTp, anziché parcheggiare la liquidità in banca.
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Per capire se sia più conveniente investire in titoli di stato i lasciare i propri soldi in banca, bisogna partire dalla diversa tassazione. Immaginiamo di dovere effettuare la scelta a proposito di una cifra di 20.000 euro. Se questa somma la portassi in banca su un conto deposito, dovrei scontare un’imposta di bollo dello 0,2% della giacenza per il periodo di maturazione del vincolo nell’anno solare. Successivamente, gli interessi lordi dovranno essere a loro volta sottoposti a un’imposta sui proventi finanziari del 26%.
Quanto rende oggi mediamente un conto deposito in Italia? Esistono tassi offerti molto differenti. Si parte dallo 0,10% di Unicredit per un vincolo a 24 mesi, mentre il migliore risulta essere Creval con il 2% lordo, sempre sui 12 mesi, stando ai dati di ricerca di Confrontaconti.it. Dunque, è difficile dare una risposta, molto dipende dalla banca. I grandi istituti tendono ad offrire pochissimo, avendo già parecchia liquidità raccolta tra i clienti. Attenzione alla solidità della banca presso cui si portano i propri denari, sebbene vada ricordato come i conti deposito siano garantiti fino ai 100.000 euro e nemmeno nel caso di applicazione del “bail-in” potranno essere, quindi, intaccati.
La diversa tassazione su conti bancari e titoli di stato
Riassumendo, se i 20.000 euro li investissimo in un conto deposito vincolato a 12 mesi, dovremmo cercare di scegliere il prodotto con un rendimento netto almeno superiore allo 0,2% dell’imposta di bollo, altrimenti ci priveremmo della liquidità per un anno e non solo non guadagneremmo alcunché, anzi ci rimetteremmo di tasca nostra. Si consideri, poi, che vincolando le somme in un conto deposito per un periodo maggiore, oggi come oggi il tasso offerto mediamente risulterà il medesimo o solo appena superiore, per cui il consiglio sarebbe di non puntare su vincoli lunghi, semmai rinnovando questi ultimi alla scadenza, così da avere la libertà di decidere al termine del contratto se rientrare in possesso della liquidità o se continuarla a tenerla in banca.
Su una somma di 20.000 euro, quindi, pagheremmo un’imposta di bollo di 40 euro all’anno e, supponendo che ci offrissero un tasso d’interesse dello 0,3%, ricaveremmo 60 euro, su cui andranno pagati allo stato 15,60 euro di imposta sui proventi di natura finanziaria. Insomma, se tutto va bene, avremmo ricavato qualcosa come 4,40, lo 0,022%, parente di zero.
A questo punto, volgiamo lo sguardo ai cari, vecchi titoli di stato. Sanno tanto di nonni e anni Ottanta, ma continuano ad essere relativamente interessanti per cercare di guadagnare qualche spicciolo senza rischiare nulla. I BoT a 12 mesi rendono oggi circa lo 0,25%, ma con un minimo spesso di poco superiore allo zero. Un anno fa, fino al maggio scorso, stavano sottozero come nel resto dell’Eurozona. Per investire in titoli di stato, però, bisogna aprire un conto titoli in banca, che sconta un’imposta di bollo dello 0,20%. Così come tutti i rendimenti di natura finanziaria, anche i titoli di stato sono sottoposti a tassazione, pur con aliquota inferiore, cioè del 12,50%.
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Puntare su scadenze lunghe e banche minori?
Pertanto, lo 0,25% scarso offerto dai BoT diventa meno dello 0,22% netto. E, però, bisogna sottrarre ancora lo 0,2% dell’imposta di bollo e le commissioni bancarie, che nel caso fossero pari al massimo consentito, si porterebbero via mezzo punto percentuale. A conti fatti, investire in BoT non rende, anzi ci si rimette. Ecco spiegato perché le famiglie italiane vi abbiano rinunciato negli ultimi anni, semmai puntando sui titoli più lunghi. In effetti, su 20.000 euro, matureremmo un rendimento netto di 44 euro, a fronte di 20 euro di imposta di bollo e di fino a 100 euro di commissioni. Insomma, quasi certamente ci andremmo sotto e fino a quasi un centinaio di euro.
Meglio guardare a scadenze più lunghe. Sui 2 anni, i BTp rendono oggi lo 0,44%, cioè 88 euro sui 20.000 investiti. In ogni caso, non ci assicurerebbero un rendimento effettivo positivo. E allora, spostiamoci sui 3 anni, il cui rendimento lordo viaggia allo 0,95%. Farebbero 190 euro di rendimento lordo, pari a un netto di 166 euro, a cui andranno sottratti 40 euro di bollo e fino a 100 euro di commissioni bancarie. Farebbero un minimo di 26 euro effettivi, pari allo 0,13% della somma investita. Sui 36 mesi, il migliore conto deposito ci offrirebbe il 2,25% lordo, cioè 450 euro, che al netto dell’imposta finanziaria farebbero 333 euro netti. Scontando i 40 euro del bollo, scendiamo a 293 euro di rendimento effettivo, quasi l’1,5% dell’investimento, 11 volte il BTp triennale. Solo un BTp con scadenze superiori ai 5 anni ci renderebbe altrettanto.
Riassumendo: i conti deposito offrono oggi rendimenti pressoché azzerati, anche se le banche minori tendono ad attirare la clientela con offerte obiettivamente interessanti, considerando le alternative sicure dei titoli di stato dai rendimenti anemici.
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