Nella primavera dello scorso anno, il Tesoro emise BTp in dollari a 3 e 30 anni. La tranche con scadenza 6 maggio 2051 e cedola 3,875% (ISIN: US465410CC03) è quella su cui si concentreremo in questo articolo. Il taglio minimo è stato fissato in 200.000 dollari, per cui l’investitore non potrà sborsare meno di questa cifra per acquistare un bond. Poiché la quotazione di fine venerdì era a 102,69, l’esborso effettivo sarebbe di 205.380 dollari, pari a 181.271 euro al tasso di cambio odierno in area 1,1330.
Nell’arco degli oltre 29 anni di durata residua, il BTp in dollari staccherebbe annualmente una cedola di 7.750 dollari, che al netto dell’imposta del 12,5% scenderebbe a circa 6.781 dollari.
BTp in dollari, c’è il rischio di cambio
Viceversa, se il cambio euro-dollaro alla data di pagamento della cedola risultasse superiore al tasso odierno, l’obbligazionista riceverebbe una cedola svalutata. Ad esempio, a 1,20 essa varrebbe 5.651 euro, pari al 3,11% dell’investimento effettivo. E così fino alla scadenza, quando l’effetto cambio inciderà al massimo, essendovi in gioco il rimborso del capitale. Nessuno può immaginare da qui a così tanti anni quale potrebbe anche solo lontanamente essere il cambio. Per fortuna, man mano che questi varia, l’obbligazionista può decidere se tenere il BTp in dollari o se rivenderlo sul mercato. Va da sé che nelle fasi di apprezzamento del dollaro, ceteris paribus, il titolo tende ad apprezzarsi. Al contrario, nelle fasi in cui a rafforzarsi sia l’euro.
Per l’obbligazionista sarebbe positivo se alla scadenza il BTp in dollari gli avrà reso la media di almeno quasi il 2% netto, che è quanto oggi offre il bond in euro a 30 anni dell’Italia. Sotto, significherebbe aver perso la scommessa sul cambio, mentre sopra la si vincerebbe.