Tra caos dazi e inflazione americana in rallentamento nel mese di febbraio, il metallo giallo è risalito nei pressi dei massimi storici e si trova in questo momento sopra 2.940 dollari l’oncia. L’incertezza crea allarme in borsa e scatena le vendite dei titoli azionari, mentre sostiene gli acquisti dei “safe asset”. Tra questi ci sono anche i titoli del Tesoro USA, i cui rendimenti sono crollati nelle ultime settimane. Ma investire in oro, almeno ragionando sul breve termine, non è detto che si rivelerà un’operazione vincente da qui in avanti.
Euro in rimonta con riarmo
Leggendo il grafico delle quotazioni, ci accorgiamo che siamo scesi da oltre 91 euro a un minimo sotto gli 85,60 euro al grammo.
In appena un mese, un tracollo del 6%. Questa settimana c’è stata una parziale risalita in area 87 euro, ma pur sempre di oltre il 4% in meno rispetto ai massimi toccati a febbraio. Come mai? C’è stata la rimonta dell’euro sul dollaro. Il cambio stava a 1,036 a fine febbraio e oggi si attesta a 1,087. Un boom che si spiega con la corsa al riarmo in Europa, invocata esplicitamente dalla Germania, che dopo decenni di austerità fiscale si dichiara pronta a spendere 1.000 miliardi in 10 anni e tutti in deficit.
Quando decidiamo di investire in oro, più che guardare ai prezzi in dollari, dobbiamo fare i conti nella nostra divisa. Storicamente esiste una correlazione negativa proprio tra dollaro e quotazioni. Il ragionamento è semplice: quando la divisa di denominazione del metallo s’indebolisce, il costo per gli acquirenti non americani scende. Viceversa, quando il cambio si rafforza.
Può accadere ovviamente che le quotazioni salgano insieme al dollaro, cosa accaduta in questi anni. Adesso, però, sembriamo arrivati ad un punto in cui sia il dollaro che il metallo sono troppo cari.
Corsa dell’oro ancora possibile
Cosa può succedere dopo i primi scricchiolii di queste settimane? Tra Russia e Stati Uniti è stato avviato un negoziato di pace sull’Ucraina e ora sul tavolo del Cremlino c’è la richiesta di un cessate il fuoco rivolta dall’amministrazione Trump d’intesa con Kiev. Ciò riduce le tensioni internazionali, anche se un accordo potrebbe non essere vicino. Uno scenario simile avrebbe contraccolpi sui “safe asset”, spronando l’appetito per il rischio. Le quotazioni andrebbero giù insieme allo stesso dollaro.
Pace o meno, però, esistono altri capitoli che incideranno sul trend. Uno di questi riguarda i dazi e la tenuta delle borse. In un clima di paura e sfiducia gli acquisti di oro potranno rimanere sostenuti e il dollaro tenere botta. A febbraio, Goldman Sachs stimava quotazioni per fine anno a 3.100 dollari, ma capaci di arrivare a 3.300 dollari nel caso di caos sui dazi. Rispetto ad oggi, una previsione in crescita rispettivamente del 5% e del 12%. Ciò implicherebbe guadagni effettivi per gli investitori dell’Eurozona, a patto che il cambio euro-dollaro non salisse nel primo caso oltre 1,14 e nel caso fino in area 1,22. Ad oggi, ipotesi poco probabili, vista anche la debolezza dell’economia continentale.
Investire in oro tra tensioni e inflazione
Riassumendo, nei prossimi mesi investire in oro per noi europei potrebbe non rivelarsi un grande affare per il breve periodo, anche se ci teniamo a precisare che il metallo è da sempre un investimento a lungo termine. Le quotazioni (in dollari) potrebbero ripiegare o rafforzarsi ulteriormente, anche se meno dell’euro. In favore di un apprezzamento giocano le tensioni internazionali, l’incertezza e l’inflazione. Contro remano le distensioni, eventuali accordi commerciali tra Stati Uniti e altre grandi potenze mondiali e il ritorno alla stabilità dei prezzi.