Tassi Turchia, banca centrale poco autonoma
Questa debolezza la espone a una forte dipendenza dai capitali stranieri. La lira resta in balia proprio dei flussi in ingresso e in uscita dei capitali, a loro volta molto legati, oltre che a variabili finanziarie globali, anche alle vicissitudini politiche interne.
Per quanto ci è dato comprendere, sul piano politico la Turchia apparirà sempre meno appetibile per gli investitori e dobbiamo mettere in conto che con il nuovo banchiere centrale, Murat Cetinkaya, fedelissimo del presidente Erdogan, la politica monetaria di Ankara sembra molto meno indipendente dal governo. Ciò ci lascia supporre che essa sarà allentata ulteriormente nei prossimi mesi per sostenere la crescita, ma in presenza di un’inflazione ancora al 7,6% e nettamente superiore al target del 5%, il taglio dei tassi non sarebbe in sé una buona idea, specie per il forte passivo ancora evidente delle partite correnti.
Bond Turchia, rally da inizio anno
Anche per questo, investire in Turchia non dovrebbe essere più una buona idea.
Vero è che dall’inizio dell’anno, i titoli di stato emessi dal governo hanno guadagnato terreno, tanto che i rendimenti decennali sono scesi di 200 punti base all’8,89% e quelli a 2 anni quasi 250 bp all’8,50%, così come la Borsa di Istanbul ha messo a segno un ottimo +15%. Tuttavia, questo rally è stato grosso modo legato alle attese di una stabilizzazione del clima politico interno, deterioratosi nel corso del 2015 per via delle elezioni politiche inconcludenti di metà anno, seguite dal voto anticipato di novembre. Tale ottimismo potrebbe essere del tutto svanito negli ultimissimi giorni. Non dovrebbe esserci un vero shock, ma un probabile lento e costante deflusso dei capitali.