Differenza tra valore flottante e capitalizzazione Quando una società decide di quotarsi in borsa, da vita a una “Initial Public Offering” (IPO), con la quale mette in vendita sul mercato una parte del proprio capitale. Le azioni vendute possono essere dirette al pubblico indistinto, nel quale caso siamo dinnanzi a un’offerta mirata al canale retail, oppure ai soli investitori istituzionali (banche, fondi, assicurazioni, etc.). Può anche decidere di riservare una quota all’una e un’altra alla seconda categoria di investitori.
Flottante azionario, non sempre è tutto libero
In realtà, può accadere che parte del capitale quotato sia rilevato da un unico grosso investitore, che deterrà la partecipazione nel medio-lungo periodo, non rendendola di fatto “libera”. In ogni caso, ciascuna borsa fissa, in genere, percentuali minime di capitale da quotare, senza le quali l’IPO non verrebbe autorizzata. Ciò avviene per consentire alla domanda e all’offerta di incontrarsi su un mercato relativamente liquido, esitando prezzi efficienti e dalla volatilità contenuta, cosa che non sarebbe con una quantità molto limitata di azioni negoziabili. Borsa Italiana prevede, ad esempio, soglie minime differenti, a seconda del segmento in cui la società intende quotarsi. L’IPO viene autorizzata sul segmento STAR, quello delle società a media capitalizzazione, solo con un flottante di almeno il 35% dell’intero capitale, mentre su Expandi, dove si trovano le società a bassa capitalizzazione, è sufficiente un flottante del 10% e, in ogni caso, dal valore non inferiore ai 750.000 euro.