Il presidente dell’Iran, Ebrahim Raisi, è morto ieri sera a causa dello schianto dell’elicottero su cui viaggiava insieme al ministro degli Esteri, Hossein Amir-Abdollahian, anch’egli rimasto ucciso. L’incidente è avvenuto nei pressi di Jolfa, città a 600 km di Teheran e vicina al confine con l’Azerbaijan. Il capo dello stato si sarebbe dovuto recare all’inaugurazione di una raffineria di petrolio. Nelle ore precedenti aveva inaugurato una diga congiunta con l’Azerbaijan e per questo motivo a bordo del velivolo vi era anche il governatore della regione orientale dello stato confinante, Malek Rakhmati.
Cordoglio per presidente Iran da Hamas, Hezbollah e Houthi
L’ayatollah Alì Khamenei aveva sin da subito fatto presente che il lavoro dello stato non avrebbe subito interruzioni. I poteri sono stati trasferiti al vice-presidente Mohammad Mokhber. Saranno indette nuove elezioni presidenziali entro 50 giorni. La morte del presidente dell’Iran è stata accolta con sgomento dai movimenti terroristici e paramilitari in Libano (Hezbollah), Palestina (Hamas) e Yemen (Houthi), sostenuti da Teheran.
L’incidente sarebbe avvenuto per le pessime condizioni meteo nell’area. Curioso da sapersi, il presidente dell’Iran viaggiava su un Bell-412, elicottero di fabbricazione statunitense. Ufficialmente, per la Repubblica Islamica gli Stati Uniti d’America rappresentano satana. Probabile che la strumentazione di bordo non fosse nuovissima, a causa della estrema difficoltà nel reperire pezzi di ricambio per via delle sanzioni occidentali.
Vittoria “a tavolino” nel 2021
Il presidente dell’Iran era stato eletto nel 2021 ed era esponente dell’ala politica più conservatrice a Teheran, così come lo è il suo attuale successore ad interim. Molti lo davano come possibile successore di Khamenei, che dal 1989 è la guida spirituale del Paese. Nel sistema politico iraniano, il capo dello stato guida il governo e viene eletto dal popolo, mentre l’ayatollah ha l’ultima parola praticamente su tutto.
Repressione inasprita sotto Raisi
Da quando l’ormai defunto presidente dell’Iran era in carica, la repressione della polizia morale era stata inasprita ai danni, in particolare, delle donne. Nel settembre del 2022 si scatenò una forte tensione nel Paese con le manifestazioni di protesta a seguito della morte di Mahsa Amini. La ragazza aveva solo 22 anni quando venne arrestata per avere indossato il velo in modo erroneo e dal commissariato di polizia uscì morta.
La morte del presidente dell’Iran è arrivata nel bel mezzo di forti tensioni con Israele, mondo arabo e Occidente. Il governo di Benjamin Netanyahu ha voluto precisare di non c’entrare nulla con l’incidente. Raisi aveva allentato le relazioni con Stati Uniti ed Europa per stringerle con Cina e Russia. E si deve al suo sostegno l’eccidio del 7 ottobre scorso ai danni di 1.200 cittadini israeliani da parte di Hamas. La sua politica estera è stata improntata alla diffusione della “crociata” anti-occidentale.
Petrolio stabile, buon segno
Cosa può accadere adesso? Il fatto che lo stesso regime islamico parli di “incidente”, è un buon segnale. Sarebbe stato molto più grave se avesse fatto intendere che dietro vi fosse una qualche responsabilità straniera. In effetti, il prezzo del petrolio sul mercato internazionale è poco mosso nella mattinata di oggi. Significa che non vi è la sensazione che la morte del presidente dell’Iran possa portare a una escalation militare in Medio Oriente.
Ci sarebbe persino la speranza che, a seguito di nuove elezioni, al potere arrivi un successore più moderato, come lo fu Hassan Rohani negli otto anni precedenti. Questi aveva stretto con gli Stati Uniti l’accordo sul nucleare, stralciato nel 2018 dal presidente Donald Trump.
Economia iraniana molto malconcia
La morte del presidente dell’Iran avviene in una fase difficile anche per l’economia domestica. L’inflazione è scesa dai massimi dello scorso anno, ma rimane sopra il 35%. Il cambio continua a collassare. Al mercato nero servono 600.000 rial per un dollaro, mentre per il cambio ufficiale ne basterebbero poco più di 42.000. Da quando l’ayatollah Khomeini diede vita alla Rivoluzione Islamica nel 1979, la valuta si è deprezzata di circa il 100%.
Pur in ripresa, le estrazioni di greggio restano sotto i livelli raggiunti nel 2018 prima dello stralcio dell’accordo nucleare. Allora, erano salite fino a 3,8 milioni di barili al giorno, mentre oggi si attestano intorno a 3,2 milioni. Grazie alla Cina, in particolare, l’economia sta galleggiando. In barba alle sanzioni, infatti, Pechino acquista petrolio dall’Iran e consente a Teheran di ricevere preziosa valuta straniera con cui effettuare le importazioni.
Dossier scottanti per prossimo presidente Iran
Il prossimo presidente dell’Iran sarà chiamato a giostrarsi tra situazioni assai critiche. Da un lato esiste la necessità di un possibile compromesso con l’arci-nemico saudita per porre fine alle gravi tensioni nel Golfo Persico. C’è anche da decidere cosa fare con Israele, se continuare nell’escalation o se giungere a una tregua. Dall’altro esistono problemi impellenti per la popolazione, la cui soluzione a loro volta dipende dall’atteggiamento che Teheran terrà in politica estera. Il ritiro delle sanzioni economiche da parte dell’Occidente è fuori discussione, a maggior ragione se a novembre vincesse le elezioni americane Donald Trump. Ma un cambio radicale di postura è inimmaginabile anche nel caso in cui arrivasse alla presidenza un candidato moderato. L’Iran è e resta una Repubblica Islamica, affatto incline alla convivenza pacifica con Occidente e Israele.