La promessa riforma del Fisco punta alla riduzione delle tasse sulle spalle dei contribuenti, attraverso una serie di interventi mirati. Eppure, anche in una logica di alleggerimento del peso fiscale, qualcosa sembra non tornare.
Qualunque sarà il nuovo corso fiscale, gli effetti non saranno immediati. Probabilmente nemmeno nel 2024 vedremo i reali sviluppi della riforma. Eppure, le prime voci iniziano già a preoccupare, nonostante le novità non saranno operative prima di 24 mesi. Soprattutto perché il nuovo adeguamento del Fisco alle esigenze dei contribuenti rischia di provocare un effetto boomerang sugli stipendi compresi tra 700 e 4 mila euro.
Da quattro scaglioni a tre, con lo scopo di ripartire più equamente il piano di tassazione e consentire ai lavoratori di tenere più risorse in busta paga. Un presupposto che, al momento, apparirebbe però già compromesso. E questo perché il nuovo assetto Irpef potrebbe risultare, come il precedente, più conveniente per alcune categorie di contribuenti piuttosto che per altre. Eppure il piano punta a un risparmio concreto, con risorse da reimpiegare per potenziare le buste paga dei lavoratori, a prescindere dal reddito, o comunque in proporzione a esso. Il punto è che la forchetta tra il minimo e il massimo è piuttosto ampia: da 60 a 700 euro circa di aumenti, a seconda della fascia di reddito.
Calcolo tasse da delega fiscale: cosa aspettarsi dal nuovo (possibile) piano Irpef
Al momento, le aliquote Irpef sono divise in quattro distinti scaglioni, con percentuali applicabili al crescere dei redditi ai quali fanno riferimento.
- 23% per redditi fino a 15 mila euro;
- 25% tra 15 mila e 28 mila euro;
- 35% tra 28 mila e 50 mila euro;
- 43% per redditi superiori ai 50 mila euro.
Considerando che dalla revisione della ripartizione percentuale delle aliquote dipenderà buona parte dell’efficacia della riforma fiscale, si è cercato di ragionare su un piano di convenienza e sostanziale equità fiscale. L’ipotesi in ballo, infatti, prevede il taglio dell’aliquota Irpef del 25%, la cui tassazione confluirebbe nella prima, ossia quella al 23%. In sostanza, il nuovo quadro sarebbe il seguente:
- 23% per redditi da 8.500 euro e fino a 28mila euro;
- 35% da 28.001 euro a 50 mila euro;
- 43% per redditi oltre i 50 mila euro.
Per ora, si tratta dell’ipotesi più accreditata ma non l’unica sulla quale si ragione. Tra le proposte, infatti, quella di eliminare l’aliquota del 25% e tagliare la terza, portandola dal 35% al 33%. O, addirittura, di ridurla ulteriormente, applicando un 27% di tassazione sui redditi tra 15 mila e 75 mila euro, di fatto potenziando l’attuale secondo scaglione Irpef. Più nelle agevolazioni d’imposta che nella percentuale.
Nuova Irpef, chi ci guadagna di più
Se davvero la riforma dovesse andare in questa direzione, il maggior vantaggio riguarderebbe i redditi medi. Nello specifico, coloro che percepiscono stipendi tra 1.200 e 1.300 euro fino a una cifra non superiore ai 2.100 mensili. Lasciando però invariata, di fatto, la componente fiscale per i redditi più bassi, per i quali ci si aspettava invece un provvedimento ad hoc. Stando alle percentuali formulate dalla prima ipotesi, infatti, lo sgravio fiscale per i redditi minori non supererebbe i 90 euro, mentre il risparmio salirebbe a oltre 1.000 euro per le fasce più alte. Le quali, a fronte di un guadagno lavorativo maggiore, riuscirebbero anche a beneficiare di un regime fiscale meno stringente. Pagando, in sostanza, meno tasse.
L’unico vantaggio resterebbe quindi quello della no tax area, previsto per i redditi che poggiano su introiti non superiori a 700 euro.
Riassumendo…
- La riforma fiscale punta a favorire un’equità sul piano di tassazione in base alla revisione delle aliquote Irpef;
- più di una, al momento, le ipotesi in campo. In ogni caso, il taglio di uno scaglione Irpef finirebbe per favorire i redditi medio-alti, con un risparmio di poche decine di euro per quelli più bassi;
- l’unico vantaggio resterebbe quello della no tax area.