Che ne sarà dei capitali stranieri?
Accreditati di oltre il 22% dei consensi e guidati dalla 48-enne Birgitta Jonsdottir, che si autodefinisce “poetessa”, potrebbero impedire al centro-destra di ottenere un secondo mandato e alla sinistra di governare da sola. I Pirati islandesi si dicono pronti a formare una coalizione insieme al Movimento dei Verdi di Sinistra e ai Socialdemocratici, anche se con questi ultimi l’impresa appare più complicata.
I fondi USA farebbero meglio ad accettare le condizioni proposte dalla banca centrale di Reykjavik a settembre, quando fallì un’asta per collocare 2,7 miliardi di dollari in titoli, rimasti intrappolati sull’isola dal 2009, che al cambio attuale implicano uno sconto del 40% a carico dei detentori, i quali reclamano l’applicazione di un cambio per loro più favorevole.
Gli investitori stranieri detengono anche 195,7 miliardi di corone in titoli di stato islandesi, cioè circa 1,5 miliardi di euro, un quarto del debito totale emesso dallo stato. Che ne sarà di queste somme, se i Pirati arriveranno al governo questo fine settimana? L’economista danese Lars Christensen non sembra preoccupato. Spiega di attendersi “disordine” sul piano politico, “ma di tipo nordico, non alla venezuelana”. (Leggi anche: Islanda dibatte su moneta sovrana)