Via libera dall’Unione Europea alla legge di Bilancio dell’Italia per il 2025 e con buone notizie sul deficit. La Commissione ritiene che sia “in linea con le raccomandazioni, perché la spesa netta rientra nei limiti definiti dalle nuove regole del Patto di stabilità“. Insieme al nostro Paese, approvati anche i bilanci di Francia, Grecia, Croazia, Cipro, Lettonia, Slovenia e Slovacchia. A non essere considerate “completamente in linea” sono state, invece, le manovre finanziarie di Estonia, Finlandia, Germania e Irlanda.
Deficit Italia, aggiustamento in 7 anni
L’espressione sarà abusata negli ultimi tempi, ma pare proprio che ci troviamo dinnanzi a un mondo al contrario. I frugali escono complessivamente bastonati. Bruxelles ha tra l’altro fatto sapere che aprirà la procedura d’infrazione per deficit eccessivo a carico dell’Austria, che quest’anno dovrebbe superare i limiti previsti. Coloro che erano abituati a puntare il dito sulle cicale del Sud Europa non stanno vivendo tempi d’oro per la loro credibilità.
Il deficit in Italia scenderebbe sotto il 3% già nel 2026, secondo i calcoli della Commissione europea, i quali si basano sulle previsioni e gli impegni presi dal governo italiano. Questo ci metterebbe in luce rispetto a economie come la Francia, che hanno rinviato al 2029 la discesa sotto il 3%. Grazie a questo trend rassicurante, Roma ha altresì ottenuto che l’aggiustamento fiscale dovrà avvenire in 7 anni e non 4. In cambio di riforme, come previsto dalle nuove regole del Patto. Come detto, però, sembra probabile che esso si realizzi già in un paio di anni, anche se nel caso dell’Italia il principale problema consiste nel tenere a bada il rapporto debito/Pil.
Ok a sesta rata Pnrr, bene entrate
Ciliegina sulla torta: l’Italia ha incassato anche l’ok alla sesta rata del Pnrr. Lo sfascismo diffuso nel Bel Paese, secondo cui saremmo sempre e maledettamente gli ultimi in tutto, inizia da un bel po’ di tempo ad avere basi di ragionamento molto fragili. Verissimo è che il nostro spread resti il più alto nell’Eurozona, superando anche quello della Grecia. Ma qui c’entra il debito, che è uno stock enorme accumulato in decenni di politiche fiscali malate. Fosse per l’oggi, la valutazione dei nostri conti pubblici risulterebbe decisamente superiore.
Il deficit in Italia dovrebbe scendere al 3,3% nel 2025, mentre quest’anno si attesterebbe al 3,8%. Era stato previsto al 4,3%. E un anno fa, proprio l’innalzamento di tale previsione aveva scatenato vendite ai danni dei BTp sui mercati. Le entrate fiscali vanno a gonfie vele, checché se ne dica per invocare la sempiterna lotta all’evasione. La manovra di bilancio in via di approvazione in Parlamento è conservativa, laddove punta perlopiù a contenere la crescita della spesa netta senza contenere misure che impattino sui saldi.
Germania non più maestrina
La Germania non riuscirà ad approvare la legge di bilancio entro l’anno, a causa della crisi di governo in corso. Se ne riparlerà probabilmente entro l’aprile prossimo. Può permettersi questo attendismo, in virtù di conti pubblici fondamentalmente sani. Vanta un debito di poco superiore al 60% del Pil. E lo stesso deficit non supererebbe il 2% quest’anno. Ma ha un’economia in caduta libera e la politica tedesca s’interroga da più parti su come potenziare gli investimenti pubblici per sostenere la crescita di medio-lungo periodo. Non è più la brava maestra che impartiva lezioni non richieste a tutti gli altri.
Su deficit Italia giudizio anche politico
C’è anche tanta politica, come sempre, in questi giudizi. Che il deficit dell’Italia non spaventi, lo si deve anche alla ritrovata stabilità di governo. A differenza di Germania e Francia, la leadership italiana è forte. E la premier Giorgia Meloni è diventata azionista della Commissione, anzi può rivelarsi determinante oggi alla votazione nell’Europarlamento per la nuova compagine. Anche questa è una svolta. I leader tedesco e francese non sono più onnipotenti, anzi il primo è già al tramonto e il secondo non è più in grado di prendere impegni all’estero, avendo nominato un governo privo di maggioranza parlamentare. Tutto questo conta a Bruxelles, perché quando tutto crolla, ci si appiglia ai pochi punti fermi rimasti. E l’Italia è uno di questi.
L’UE ormai è una barzelletta.