Aumentano i prezzi e il costo dei debiti in euro
I prezzi di beni e servizi lieviterebbero nel giro di poco tempo, a causa dell’aumento dei costi delle importazioni. E il dato non riguarderebbero solamente i beni direttamente importati, ma la generalità dei consumi, perché i rialzi si manifesterebbero a cascata. L’Italia non possiede materie prime e deve acquistarle interamente dall’estero.
E i debiti privati e pubblici? Il loro importo nominale resterebbe in euro, per cui lieviterebbero in rapporto alla lira post-svalutazione. Esempio: se ho contratto un mutuo con la banca di 100.000 euro, questa pretenderà la restituzione dell’intero capitale, come stipulato in euro, oltre agli interessi. Se nel frattempo la lira si sarà svalutata del 30%, significa che la tua esposizione si sarà appesantita di una tale percentuale e difficilmente potrà essere sostenuta, necessitando di una rinegoziazione. (Leggi anche: Italia fuori dall’euro per Stiglitz)
Debito pubblico esploderebbe
Lo stesso dicasi per il debito pubblico, che contratto quasi tutto in euro, passerebbe in un attimo a quasi il 175% del pil per il solo effetto-cambio, perché è come se le esposizioni della nostra Pubblica Amministrazione fossero ormai in una valuta straniera rincarata di un tot% .
Servirebbe anche qui una rinegoziazione. Banche e famiglie italiane, detentrici di quasi i due terzi del nostro debito pubblico, accuserebbero il colpo, con le prime in possesso di 400 miliardi tra BoT e BTp a transitare per una crisi dalla potenza quadratica rispetto a quella vissuta in questi anni.
Nel frattempo, l’aumento dei costi legati alle importazioni farebbe esplodere l’inflazione, mentre le esportazioni beneficerebbero certamente di un cambio più debole, ma a loro volta i beni venduti all’estero rincarerebbero per i maggiori costi di produzione, dato che le materie prime e i semi-lavorati importati costerebbero di più. Al netto, non sarebbe nemmeno detto che la bilancia commerciale italiana registri un beneficio. (Leggi anche: Italia fuori dall’euro dopo la Brexit, previsione del Financial Times)